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Nudi a teatro, esibizionismi fine a se stessi

 

Andrea Bisicchia

 

L’esibizione crea spesso vergogna, scandalo, turbamento morale quando è fine a se stessa, quando utilizza la fisicità per provocare. Stiamo vivendo una stagione che ambisce alla rappresentazione del corpo, attraverso numerosi festival, dove pullulano acrobati, clown, contorsionisti, ginnasti, equilibristi, tutti attenti a stupirci con i loro voli, con i “numeri” perfetti che, magari, hanno richiesto anni di esercizi. Si è imposto una sorta di linguaggio del corpo che è diventato anche una prerogativa della scrittura del terzo millennio: corpi che si metamorfizzano, corpi inebriati dall’eccesso, che si marionettizzano, che non si sottraggono alle sofferenze, alla deteriorizzazione, ma anche alle ascensioni metafisiche, che aspirano ad una scenicità che spesso coincide con la materialità del linguaggio o con quella della fisicità molto apparentata col circo che comunica sensazioni, visioni oniriche, fantasie utopiche. Questo tipo di materialità non porta in scena pensieri, riflessioni, non ci invita ad interrogarci sulla vita, non ci pone domande, non suggerisce risposte. La lingua del corpo è diversa da quella della parola che è sempre metaforica, allusiva, allegorica. Gli spettacoli che hanno avuto maggior successo di pubblico sono stati quelli del “Cirque du soleil”, di “Reverie”, di “Nomade”, del teatro di strada, sono a volte spettacoli raffinati che raggiungono momenti di perfezione estetica, che tendono a stupire, a meravigliare, a provocare. Spesso, però mi chiedo dove inizi la provocazione e dove finisca la trasgressione, specie quando il linguaggio del corpo abbandona le regole e ricerca lo scandalo a tutti i costi, quando la sua esibizione non ha senso, perché tende alla frivolezza, all’immoralità. In questi casi mi vengono in mente gli spettacoli dei Ludi, quelli che Tertulliano definiva folli, atroci e che Agostino considerava una peste capace di guastare l’animo degli spettatori. Recentemente Mantova ha fatto parlare di sé, non per il festival di letteratura e quindi per il valore dei testi e degli scrittori, ma per le esibizioni di gruppi che, con le loro performance, hanno fatto gridare allo scandalo, occupando le pagine della cronaca. Non credo, non certo per facile moralismo, ad esibizioni teatrali che si trasformino in volgarità, (ho un’idea molto più alta del teatro), specie quando queste occupano spazi pubblici e non si esauriscono tra le quattro mura di un edificio. Anche la città di Ferrara annualmente propone il suo teatro di strada, ma non ha mai cercato la provocazione tout-court.

 

Da Avvenire del 20/07/2006

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