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Stampa: Mezzo secolo di emozioni e applausi. E Moira resta regina incontrastata

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Mezzo secolo di emozioni e applausi

E Moira resta regina incontrastata

 

Il circo orfei

 

Bravi artisti, animali ben curati, musiche rinnovate e la magia si ripete

 

La serata è fredda. Ma la folla che si accalca davanti all’ingresso del Circo massimo di Moira Orfei non se ne cura. Erano anni che Ragusa non ospitava un tendone così imponente. Sorridenti giovani in livrea rossa cercano di contenere gli spintoni assicurando che lo spettacolo inizierà solo quando tutto il pubblico sarà all’interno. E finalmente, sotto un cielo blu coperto di stelle rosse, ecco aprirsi il fantastico mondo degli artisti girovaghi. Jeans, camicia scura e giubbotto in pelle, il direttore del circo Walter Nones segue con distaccata attenzione, nel riuscito tentativo di passare inosservato, la sistemazione dei posti dando disposizioni con un auricolare appena visibile. Mentre la gente prende posto tra il pianto dei più piccini e le urla di gioia dei bambini, un clown porta un pappagallo di mille colori e strappa foto a famiglie circondate da grandi pelouche animati. Attorno alla pista è un continuo brulicare di giovanissimi che come in puzzle compongono la base del numero che sta per iniziare. Luci, lustrini e una voce calda e possente che canta «Felicità,tàtàtà» riportando in mente le note delle sigle dei sabato sera degli anni Settanta trascorsi davanti alla televisione. Il primo grande applauso è per lui, Giorgio Vidali. Padrone delle sue capacità vocali, accompagnato dall’orchestra dal vivo, si muove con eleganza e presenta con discrezione ogni artista. E’ un ottimo biglietto da visita. L’arrivo dei clown, i Saly, rende felici i bimbi e diverte gli adulti. I volti truccati, i buffi vestiti e gli scatti improvvisi sono il sale di gag mille volte viste e mille volte ancora da rivedere. L’intero spettacolo è disseminato di gag utili a distrarre il pubblico dai continui e repentini cambiamenti che rendono la pista una scatola di sorprese. Si abbassano le luci. Il Trio Wulber salta su un grande tappeto elastico e apre la strada ai cammelli. Imponenti, sornioni e dal mantello curatissimo, sono cavalcati da ragazze in costumi arabeggianti. A scavalcarli, dopo essersi accovacciati, sarà invece un velocissimo cucciolo di lama. L’addestratore è Freddy Perris. Gridano «Bravi» e applaudono senza sosta gli spettatori che hanno riempito ogni angolo del tendone e partecipano con entusiasmo al susseguirsi degli artisti in pista. Musiche spagnole e fari multicolori precedono i cavalli e le ballerine di Stefano e Lara Nones Orfei, figli di Moira e Walter. Protagonista indiscusso è Stefano. La bellezza statuaria della madre, l’impenetrabile classe del padre ammorbidita da un sorriso aperto, lo rendono perfetto erede di un patrimonio artistico di grande spessore culturale ed economico. Cavalca uno splendido stallone che balla seguendo il movimento delle redini. Niente frusta. Sulle note di un valzer viennese un distinto signore dai capelli bianchi danza con un’agilissima atleta che, abbandonato un principesco vestito, si arrampica su una fune. E’ il Duo russo Kalachev. In realtà un trio visto l’arrivo di un cagnolino che crea momenti divertenti con azioni da consumato «disturbatore». Gli splendidi cavalli bianchi di Gerd Koch ravvivano l’atmosfera ma smorzano gli applausi. La reazione è inconscia.
La visione di animali dai muscoli torniti e le criniere al vento rievoca l’idea di grandi praterie. Morso, redini e lustrini rattristano. E’ solo un attimo. Nessuna realtà quanto il circo avvicina uomini e animali. Compagni di viaggio di un lavoro da un lato scelto e dall’altro imposto. Non sempre però il lavoro si può scegliere e le praterie non esistono più. Riecco lo scroscio delle piccole mani che salutano Koch e accolgono il contorsionista russo Vadim Pitchinsky. Viene definito «dislocatore» perché sposta spalle, mani e piedi come non avesse ossa. I suoi movimenti aprono le bocche dei bimbi. La sua incredibile capacità di muovere la schiena rispecchia vagamente il modo in cui le mamme e i papà faticano per arrivare a far quadrare i conti a fine mese.
E’ il momento dell’intervallo. Quindici minuti per visitare il parco animali del Circo e curiosare nei vari carrozzoni accesi da luci a intermittenza.
Attorno alla pista un nugolo di ragazzi lavora al montaggio della gabbia e annuncia momenti mozzafiato con il numero delle tigri. Un momento di buio e i riflettori si concentrano sulla sensuale danza di sei bellissime ballerine travestite da tigri. Precedono Stefano Orfei Nones, addestratore di straordinarie doti che tratta come un gattino una meravigliosa tigre bianca e guida con sguardi e sorrisi altre tre docilissime belve della Malesia. Una delle quali ha sofferto di un mal di denti spaventoso costato svariate migliaia di euro: del resto un dentista per tigri non si trova proprio dietro l’angolo. Dietro il cancello della gabbia che circonda la pista, Walter Nones. E’ l’unico momento in cui, senza presentazione alcuna, si rende visibile al pubblico. Lui, uno dei più grandi circensi degli ultimi 50 anni, dentro quella gabbia ha trascorso innumerevoli momenti. A seguire i movimenti sicuri e decisi di Stefano però è lo sguardo di un padre, orgoglioso e preoccupato. Gli animali sono imprevedibili. Walter Nones lo sa bene. La dolcezza di Stefano, che usa la frusta più per difendersi che per imporsi, viene premiata. Il numero si conclude tra gli applausi ammirati dei bambini che già conquistati dall’eroe, esclamano: «Stefano ammaestra qualunque animale!» Esclamazione confermata dagli elefanti. Due montagne grigie sormontate da coraggiose artiste che si sdraiano a terra lasciandosi sfiorare dalle zampe di un elefante che affronta con sorprendente delicatezza un pericoloso slalom che lascia il pubblico con il fiato sospeso. A guidare gli elefanti è sempre lui, Stefano che, subito dopo, concede un bis della cavalcata danzante con il suo stallone creando un’atmosfera da discoteca. Ancora risate con i clown durante il montaggio della rete di protezione che accoglierà una defaillance dei Wulber, i bravissimi trapezisti incappati in un mal riuscito triplo salto mortale. Il pubblico applaude comunque e con maggior vigore. Il secondo tentativo è perfetto. Sorge il dubbio che l’errore faccia parte dello spettacolo, considerato che con un effetto mozzafiato i Wulber dondolano senza timore alcuno dalla cima del tendone riuscendo perfino a roteare al buio, aiutati soltanto dai costumi fosforescenti. Sono tre i sipari che continuano ad aprirsi e a chiudersi dietro le spalle degli artisti. Poi, le luci si spengono e si diffonde una musica da fiaba sulla voce del presentatore che annuncia la fine dello spettacolo. Al centro della pista prende forma un castello gonfiabile appeso in cima e sostenuto da tanti piccoli dumbo colorati. I bambini sono incantati. Gli adulti muovono lo sguardo intorno. Ovunque c’è il suo nome e la sua presenza di respira nell’aria. La gente aspetta, vuole Moira ma non osa chiamarla. Un’attesa lunga e premiata che sfocia in una liberatoria standing ovation. Moira arriva su una carrozza guidata dal figlio Stefano. L’aspetto è immutato. Dai capelli alle lunghe ciglia, alle personalissime movenze da diva carica di lustrini, Moira si lascia invidiare con simpatia. Sorride, saluta e manda baci. Il pubblico è in visibilio. Lei, regina incontrastata di un mondo incantato, scende dalla carrozza e, con due boys ai lati, ringrazia il caloroso pubblico ragusano. Esce di scena. Le luci si spengono sull’illusione di un mondo che non cambia.
Franca Antoci

Da La Sicilia on line del 07-05-06

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