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Stampa: San Remo come il Circo: due prodotti ormai “bolliti”

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SAN REMO COME IL CIRCO: DUE PRODOTTI ORAMAI “BOLLITI”

 

E così Giuseppe Povia ha lasciato tutti con un palmo di becco, “piccionando” scommettitori e previsioni, e facendo fare “Oh” al 56. Festival. Per lui è di fatto una rivincita, un rimettere a posto le cose dopo essere stato il best seller dell’edizione 2005 che lo vide protagonista ma fuori gara, con una canzone legata alla campagna benefica per il Darfur. Paradossalmente a vincere il festival di Panariello è stato l’eroe dell’edizione di Bonolis, che infatti ha salutato il risultato con parole di grande apprezzamento.

Il Festival delle canzoni ritornate canzonette premia l’ingenuo e un po’ infantile canto d’amore assoluto, inno alla stabilità dei sentimenti, grazie anche al meccanismo di voto che alla fine ha fatto prevalere il cantante di “Vorrei avere il becco” di neanche due punti in percentuale rispetto ai Nomadi, vincitori fra i gruppi, con Anna Tatangelo prima donna e il curioso e sorprendente Riccardo Maffoni miglior giovane.

Sono molti i delusi da questo Festival dell'”eccellenza italiana”, ma alla fine gli undici milioni di spettatori della finale fatta tutta di musica e poco di comicità e cotillons rimettono un po’ a posto le cose, dando indicazioni per il futuro. Panariello difficilmente ci sarà ancora. Con Del Noce direttore di Raiuno è sorta una disparità di vedute sul progetto difficilmente sanabile. Il comico-presentatore attore lamenta la mancanza di certezze e di ospiti all’altezza, negata da Del Noce, e una indifferenza all’auditel artisticamente comprensibile, ma inaccettabile da parte della Rai che sugli ascolti si gioca troppe partite.

«Pensavo di divertirmi di più – ammette Giorgio – pensavo di fare un bello spettacolo, con delle belle canzoni, invece mi sono trovato io malgrado a fare i conti con cose che a me importano poco: dell’auditel non me ne frega nulla, mi importa del pubblico, della gente. Dietro le quinte c’è gente che invece di guardare lo spettacolo ha due monitor, guarda gli altri programmi e poi dice: Mediaset ha messo la pubblicità, facciamo… ma non si può. La gente martedì mi ha detto: lo spettacolo così non mi piace, è lungo, è noioso. E io ho preso le contromisura, con molta umiltà, e ho cambiato».

«Quest’anno – dice Del Noce – sono forse mancate le polemiche. Troppo poche all’inizio troppe dopo. E ho visto degli errori di impaginazione. Con una gara così serrata e con tante eliminazioni importanti si poteva creare un maggiore pathos che non c’è stato».

Ilary Blasi e Victoria Cabello sono sopravvissute all’esperienza in modo positivo, ben decise a passare ad altro. «Se torno è magari per cantare», dice la signora Totti, mentre Victoria ammette che l’esperienza è stata «bellissima ma devastante, faticosa. Curioso anche il rapporto con la stampa perché io l’anno scorso stavo dall’altra parte, facevo la iena, ma una iena divertente, mentre qui tutto è amplificato, sembra che ci sia chi viene con il progetto preciso di colpire il Festival». Molti tornano a glorificare il Festival di Fazio: «Ma se Fazio, dico lui perché è stato citato – interviene Panariello -, ha fatto miliardi di spettatori, sappiamo anche se è piaciuto? A volte per fare ascolto si possono mettere dentro un sacco di cose che poi la critica dice che fanno schifo. Noi abbiamo cercato di fare un Festival di una qualità differente, altrimenti chiamavo , ci mettevo contro in gara Al Bano e avevo fatto il programma».

Sul risultato di quest’anno dal punto di vista delle canzoni tutti ammettono di essere soddisfatti, sorpresi e con un meccanismo da limare e aggiustare ancora un po’. «Povia è la vittoria del mercato – dice Mazza, presidente dei discografici Fimi – perché è ancora in classifica col brano dell’anno scorso ed è l’artista che ha venduto di più nel 2005 con “I bambini fanno oh”. Se i consumatori comprano quei dischi e alla fine l’artista che vende di più è anche quello che vince il Festival per noi è una novità positiva. Ma bisognerebbe che il festival in futuro si concentrasse di più sulla realtà del mercato. Guardo l’esempio di un’altro settore dato per “bollito”, il circo. Alla crisi del circo molti hanno risposto con espedienti, ospiti, curiosità e non è servito a niente. Poi sono arrivati quelli del Cirque du Soleil che hanno proposto semplicemente circo ma in maniera straordinaria. Forse bisogna tornare alle canzoni con un limite di 3 minuti non per i brani in gara ma per quello che ci si mette in mezzo, perché per noi è meglio avere un’audience di sei milioni per le canzoni che di 15 per tutto il resto. Se no tanto vale fare il Grande Fratello».

Gianmarco Mazzi, direttore artistico del Festival, confessa di aver sbagliato tutte le personali previsioni della vigilia, a dimostrazione della bontà del meccanismo: «Ora posso dirlo. Avrei scommesso su altri tre finalisti dei quattro. Ne ho indovinato solo uno su quattro. Con Povia credo abbia vinto anche la naturalezza di un artista che ha reso il brano piacevole. C’è una storia dietro alla sua scelta. Eravamo in macchina in un grill con Panariello e ho telefonato ad Angelo Carrara che è stato un grande scopritore di talenti, e lui mi dice che c’era questo artista con una canzone su cui stava lavorando. Per caso eravamo vicini a loro. E così Povia è arrivato con la sua chitarra e che l’ha fatta sentire e c’è piaciuta subito».

Intanto Sanremo città, con i politici moderatamente inferociti per l’assenza di fiori sul palco, guarda al futuro cercando di sviluppare l’idea di un coinvolgimento generale oltre il festival. Si punta a una notte bianca, a un laboratorio musicale per i giovani, a una diversa promozione di Sanremo e della musica più aperta a vari progetti. Intanto qualche chicca nella notte si è riusciti a viverla, come il concerto di Britti che ha scaricato le tensioni del venerdì sparando Hendrix e blues a tutto volume assieme a Max Gazzè, Alberto Radius, Stefano Di Battista e perfino un ammirato Gavin Degraw, e i Negramaro che hanno voluto tornare per una sera a suonare nel piccolo pub che li aveva ospitati tutte le notti lo scorso anno, quando non erano nessuno. La musica vive di queste cose.

Giò Alajmo

Da Il Gazzettino on line del 06-03-06

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