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Stampa: “La tigre avrebbe potuto uccidere mio figlio”

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cronaca

06/12/2009 – INTERVISTA

Walter Nones:

“La tigre avrebbe potuto uccidere mio figlio”

«Lo ha aggredito perchè ingannata dal mantello nero»

 


Walter Nones e la tigre bianca

 

NICCOLO’ ZANCAN

TORINO

Colpa di un mantello nero, dettaglio non previsto nel rigido copione dello spettacolo. «Mio figlio era molto vicino alla tigre albina. Ma venerdì notte Tristàn non voleva entrare in scena. Così Stefano si è avvicinato ulteriormente al tunnel. La tigre ha visto qualcosa che non era abituata a vedere in quella zona, una macchia scura: è volata sul mantello. Una zampata, un morso, si sono rotolati. Abbiamo acceso immediatamente le luci. Il pubblico urlava, terrorizzato».

Walter Nones è il marito di Moira Orfei. Lavora nel circo dal ‘72. Faceva il domatore, è diventato direttore. Ha insegnato lui il mestiere al figlio Stefano. Lui gli ha salvato la vita venerdì notte. Racconta quello che è successo sotto il suo tendone, la paura è passata. Il piazzale della Pellerina si sta riempiendo di auto. Odore di popcorn. Padri e bambini chiedono notizie: «Ci sono le tigri?». Le tigri sì, Stefano Nones, invece, medicato all’ospedale Maria Vittoria, si è preso un giorno di riposo.

Cosa è successo quando avete acceso le luci?
«La tigre tirava. Non ce l’aveva con Stefano, ma con quell’onda nera. La cosa migliore, in questi casi, è prendere l’estintore, perché basta il rumore per far mollare la presa. Ma non c’era più tempo, un secondo poteva costargli la vita. Tristàn poteva agganciare la mandibola, l’aorta o la femorale. Sono entrato, gli ho dato un bastone sul muso, ha liberato mio figlio».
Adesso come sta?
«Ha qualche ferita sulle braccia, un morso sulla mano, nulla di grave. Alcuni, quando succede una cosa del genere, decidono di smettere. Stefano no, mi ha detto: “Ho sbagliato, è stata colpa mia. Voglio tornare in pista a Torino”. Ama il suo mestiere, ha lavorato anche con 16 tigri insieme».
Che mestiere è?
«Pericoloso, ma siamo innamorati. Di noi, degli animali e del nostro spettacolo, viviamo per questo».
Com’è Tristàn?
«Molto dolce. Ha 8 anni. È quella che fa la moto e l’altalena con Stefano, i numeri più difficili. Ma resta sempre una belva feroce».
P
erché una tigre dovrebbe voler andare in altalena?
«Sono animali nati in cattività, cresciuti al circo da generazioni. Animali artisti. In Africa verrebbero sbranati».
Animali artisti?
«Sì, io ritengo che Tristàn sia una tigre artista, una tigre che desidera lavorare. È importante: quando sentono la musica e non li porti ad esercitarsi, fanno le bizze. Cominciano ad agitarsi».
Può raccontare il circo con dei numeri?
«Facciamo 45 piazze all’anno, 200 mila chilometri di strada. Lavorano per noi più di cento persone, arrivano da tutte le parti del mondo, pochi italiani. Abbiamo 75 automezzi, chilometri di cavi, centinai di costumi, una sala ristorante, la sartoria, la falegnameria e il reparto meccanici».
Suo figlio è già stato aggredito da una tigre a Scalea nel 2006.
«È stata una cosa diversa. C’era una vasca per fare il bagno alle tigri, dentro un grande recinto. Lui le mandava su, nel carro, ma una non voleva uscire dall’acqua. Un inserviente si è messo in mezzo, la tigre l’ha azzannato. Stefano si è preso una zampata sulla gamba per difenderlo».
Cosa risponde alle critiche degli animalisti?
«Abbiamo provato: senza animali la gente non viene al circo, non ha successo. Lo Stato riconosce la funzione sociale del circo con gli animali, ci sono sempre stati. I nostri sono trattati con amore: curati, vaccinati, riscaldati. Siamo attentissimi. Invito gli animalisti al circo Orfei quando vogliono, anche in incognito. Possono stare con noi quanto ritengono, non abbiamo niente da nascondere».

 

Da La Stampa

06/12/2009 14.24.18

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