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Stampa: “A ROMA SCOPPIA LA FEBBRE SOLEIL”

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Arriva a Roma il “Saltimbanco”, fra musica e acrobazie Il circo più grande E’ quello “du soleil”: ha incantato il mondo

di PAOLA POLIDORO ROMA –

I cinquanta artisti del Cirque du Soleil, che viaggiano insieme da anni, si sono stabiliti da poco nel nuovo villaggio costruito sulla Colombo, all’altezza della Fiera di Roma. Ma non è niente di definitivo: il villaggio è itinerante. Arrivato con 58 camion (per 850 tonnellate di materiali!) e 125 abitanti (compresi i tecnici), rimane in città fino a metà novembre. Da domani sarà visitabile, almeno nella parte aperta al pubblico, previo acquisto del biglietto di “Saltimbanco”, lo spettacolo che i cittadini del borgo mettono in scena per le prossime cinque settimane. Ventimila metri quadri, dove hanno trovato posto tutte le strutture: i tre chapiteau, abitazioni, uffici, ristoranti, bagni, lavanderia, mini-palestra e persino mini-scuola, con due maestre e dieci allievi dagli 8 ai 18 anni: quattro di loro fanno parte della compagnia, gli altri sono figli dei saltimbanchi. Bisogna pur studiare. C’è anche una sorta di sindaco, Rob McKenzie “risolvo-problemi”, e una specie di mailbox itinerante, con 50 caselle, tante quanti gli artisti, che così possono essere raggiunti ovunque. Hanno tra i 7 ed i 49 anni, e provengono da 15 Paesi (Argentina, Belgio, Canada, Cina, Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Olanda, Ucraina, Polonia, Romania, Russia, Spagna, USA), per questo il ristorante propone piatti della cucina francese, canadese, italiana, del sud-est asiatico, olandese, russa, cinese e tedesca. Ma che succede nel villaggio il giorno prima del debutto? Dietro le quinte nessuno sta con le mani in mano. Bisogna assicurare ogni fune, ogni rete, controllare le luci, e gli artisti si prestano ad aiutare i tecnici, provano le resistenze, sorridono emozionati quando devono tener su tutti insieme un sostegno che non vuole stare in piedi. Qualcuno già indossa il costume di scena, qualche altro sta sdraiato sul divano in attesa del proprio turno, e sembra davvero che questi ragazzi trascinino come lumache la loro casa sulle spalle, trovandosi ovunque a loro agio. Così, mentre la costumiste asciugano i 600 abiti di scena, e cercano un ordine per gli altri quattrocento accessori tra scarpe, cappelli e maschere, i ventilatori sbandierano le file di abiti colorati sugli espositori, per accelerare i tempi. Spicca appeso tra gli altri lo “special hanger for Taisiya’s trabeze skirt”, ovvero un particolare gancio per la gonnellina da trapezista di Taisiya, che eseguirà il numero del “trapezio solo”. Nel tendone dei camerini la compagnia si allena, discute, fa fisioterapia, c’è chi fa un po’ di cyclette, chi prova l’abito di scena, chi studia lo “schieramento” della prima romana, segnato su una lavagna: il pubblico non nota alcuna differenza, ma intervengono variazioni da spettacolo a spettacolo, specie se è prevista una doppia rappresentazione e, quindi, una doppia fatica. E poi osservano l’ordine del giorno, con il conta-repliche totale (3642 dal 1992, anno del primo debutto di “Saltimbanco”) e parziale (quelle europee, ovvero 941, da domani 942). Del resto il Cirque du Soleil è la più grande impresa circense del mondo, e ci tiene a ricordarlo. Dal backstage, dove trascorrono minimo un’ora ciascuno al trucco, gli artisti seguono le acrobazie dei compagni su uno schermo che riprende lo spettacolo in diretta. Un’occhiata all’abito, un po’ di stretching, ed entrano da uno dei cinque ingressi: corridoi di linoleum blu, anticamera per le luci della ribalta. Lo show inizierà con l’Adagio che introduce il clown in miniatura (un bambino) di Saltimbanco. Poi tutti i numeri, in un mix di tradizione circense e di nouveau cirque: ci sono i pali cinesi, la doppia fune, il giocoliere, la boleadora, il trapezio solo e il trapezio a coppia, il bungee, il diabolo. E’ un circo magico, fatto con la musica e non con gli animali. Le musiche, di René Dupéré, sono ispirate alla vita urbana della fine del secolo scorso, “con sequenze fonetiche prese da varie lingue tra le quali l’arabo, lo svedese e il tedesco”. In dodici anni quasi 7 milioni di persone hanno applaudito “Saltimbanco”, acquistato magliette e maschere di cartapesta e biglietti non proprio economici. Tutto, in questa macchina costosissima e divertente, ha un ruolo preciso: Franco Dragone, il regista, e Guy Laliberté, fondatore del Cirque du Soleil, trampoliere e mangiafuoco, sono affiancati da uno staff di tutto rispetto. Il margine lasciato all’errore o all’imperfezione non deve esistere.
Da Il Messaggero

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