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DIVIER TOGNI PARLA DEL SUO PALASHARP

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“Una ferita che non si rimargina da quando hanno voluto farmi fuori”

Il PalaSharp è la sua ferita che non si rimargina. Divier Togni, 73 anni, impresario della celebre famiglia circense che nel 1986 diede vita al PalaTrussardi (e in seguito ai palasport di Torino e Genova), lo ripete. “Quell’impianto è una mia “creatura“. Se mi chiamano per dare una mano per farlo risorgere, anche in vista delle Olimpiadi invernali, io ci sono. Ma dubito che qualcuno si farà avanti” dice Togni, senza nascondere l’amarezza. La tensostruttura in zona Lampugnano è nata in emergenza, dopo la caduta del palazzetto di San Siro sotto il peso della neve del 1985. Costata 6 miliardi di vecchie lire – “gran parte a mio carico” puntualizza Togni – per 25 anni il mega-tendone (che negli anni successivi ha cambiato nome: Palavobis, PalaTucker, MazdaPalace, PalaSharp ) è stato arena di sport e musica. Per la serata inaugurale, nel 1986, fu ingaggiato nientemeno che Frank Sinatra. Poi in via Sant’Elia sono passati tutti: Peter Gabriel, Paul McCartney, Phil Collins, Prince, i Nirvana. E il raduno del Dalai Lama, il V-Day di Beppe Grillo, il wrestling. Fino al 2011, quando il sipario è calato e il “Palaniente” è diventato rifugio di disperati.

Stampa: Addio Palatrussardi di Milano

Il momento che le è rimasto nel cuore?

“Sono tantissimi ma il concerto di Sinatra del 27 settembre ’86 fu l’evento per eccellenza. Per la prima volta, dopo il sequestro del generale Dozier dalle Brigate Rosse nel 1981, un cantante americano tornava a suonare in Italia grazie alla mediazione di Pier Quinto Cariaggi, famoso produttore discografico. Dal giorno prima c’erano uomini dei servizi segreti americani attorno all’area. I vip arrivavano fino alla 27esima fila: Craxi e i suoi ministri, e ospiti di Sinatra come Roger Moore e Liza Minnelli: il problema è che volevano stare tutti in prima fila. Alla fine sono dovuto intervenire io per mediare. Al responsabile americano del servizio d’ordine abbiamo spiegato di non importunare troppo Craxi: c’era il rischio che scoppiasse una guerra… Tutto si risolse in meglio. La serata ebbe un incasso record: un miliardo e 840 milioni”.

Stampa: Addio Palatrussardi di Milano

Perché ha detto addio al PalaSharp nel 2011?

“Perché mi fu detto chiaro e tondo che dovevo andare via e che il Comune non voleva più avere a che fare con me. In un attimo da benefattore sono diventato un paria, nessuno mi ha mai concesso un chiarimento. Fino ad allora arrivava puntuale una nuova proroga della concessione dal Comune, ogni due anni. Quell’anno non mi venne rinnovata. Ufficialmente per un mio debito – allora presunto – nei confronti del Comune di poco più di 100mila euro. L’idea che mi sono fatto è che, essendo un pesce piccolo, mi abbiano “fatto fuori“ per avvantaggiare altri”.

Due anni fa l’allora assessore all’Urbanistica (oggi alla Casa), Pierfrancesco Maran, dichiarò pubblicamente che “a Milano da tempo non si riesce ad avere una struttura di grandi dimensioni alternativa al Forum di Assago. Ogni tentativo viene subissato di ricorsi”.

Stampa: Addio Palatrussardi di Milano

“Di fatto il Forum di Assago dal 2011 non ha più avuto nessun concorrente e ha potuto agire in un regime di monopolio, decidendo anche i prezzi degli spettacoli”.

Annamaria Lazzari

Da Il Giorno del 03 febbraio 2023

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