Circusfans Italia

IL PORTALE DEL CIRCO ITALIANO

ETTORE WEBER: LA STIMA DAGLI ADDESTRATORI DEL MONDO

ETTORE WEBER: ATTESTAZIONE DI SOLIDARIETA’ DAGLI ADDESTRATORI DEL MONDO

La tragedia di Ettore Weber ha avuto una enorme eco in tutto il mondo, non solo del circo. Sulle nostre pagine, non vogliamo in alcun modo dare spazio alle polemiche che stanno animando social e organi di stampa in genere ci limitiamo unicamente a sottolineare lo schifo e la totale mancanza di rispetto per la grave perdita usato sui media verso Ettore stesso e verso la sua famiglia, in primis per Loredana o per i figli. Si commentano da soli.

Quello che ci proponiamo in queste poche righe è riportare le testimonianze di rispetto verso Ettore da parte di addestratori di grandi felini e di animali in genere da un po’ tutte le parti del mondo. Lo so, sono una ben magra consolazione per la famiglia, però fa piacere a tutti la conferma del rispetto di cui Ettore godeva da parte dei colleghi. Rispetto conquistato col serio e quotidiano impegno verso i propri animali, per il metodo di addestramento in dolcezza usato, per l’eleganza dei modi ed i segreti appresi dal compianto maestro Eugen Weidmann.

Vi riportiamo qui di seguito alcuni articoli scovati sulla stampa in cui parlano alcuni colleghi italiani. In face book, invece, potrete vedere i video inviati dai fratelli Askold e Edgard Zapashni, da Taba Maluenda, Raul Gasca e Carlo Bresciani.

Quello che ci proponiamo con queste righe è solo il volere ricordare che le tragedia, purtroppo accadono, le disgrazie sul lavoro anche con tutta l’esperienza e le misure di sicurezza, accadono quello che non può accadere invece è la totale mancanza di rispetto per la sofferenza ed il dolore altrui che alcuni individui si sentono in obbligo di vomitare pubblicamente e, soprattutto, la cattiveria che viene utilizzata dimenticandosi quella che dovrebbe essere la pietas obbligatoria quando purtroppo queste cose accadono.  

Per vedere i video

CLICCATE QUA

L’ intervista a Marina Monti

CLICCATE QUA

AV

07/07/2019 10.57.41

Il principe dei domatori: “Le tigri sono la mia vita ma qui si sfida il destino”

Figlio della mitica Moira Orfei: “Soffro per la fine di Weber, ma lo spettacolo deve continuare”

Nel mondo del circo ogni personaggio è avvolto da un’aura di leggenda. A cominciare dal presidente onorario dell’Ente nazionale circhi, Egidio Palmiri, 96 anni, il «trapezista volante» più geniale e temerario di tutti i tempi.

Al suo fianco, da sempre, c’è il presidente effettivo, Antonio Buccioni, per il quale ieri è stato un giorno drammatico: «La morte del domatore Ettore Weber, morto dopo essere stato attaccato da una delle sue tigri, ci addolora profondamente – racconta al Giornale -. L’incidente di ieri rilancerà sicuramente la sterile polemica sulla presenza nei circhi dei grandi felini (quelli protagonisti del dramma di ieri sono già stati posti «sotto sequestro» dall’autorità giudiziari ndr). Ma la verità è che la disgrazia accaduta nel Barese è un fatto rarissimo. Le consiglio di parlare con uno tra i più noti domatori italiani: Stefano Orfei Nones, figlio di Moira Orfei e Walter Nones».

Decidiamo di accettare il consiglio di Buccioni.

Stefano Orfei Nones, lei, come mostra il suo cognome, è un figlio d’arte.

«Sono nato praticamente sotto un tendone. Con genitori così non potevo che dedicarmi alla vita circense».

E ha scelto la «specialità» più pericolosa: addestratore di animali feroci.

«Preferisco definirli animali meravigliosi. Una passione che papà mi ha trasmesso fin da piccolo».

Oggi, a 53 anni, che rapporto ha con le tigri e i leoni?

«Di amore e rispetto».

Ma questi «giganti» possono essere completamente addomesticati?

«No. E sarebbe contronatura tentare di eliminare il loro istinto predatorio».

Si può, però, «addolcirlo».

«È ciò che facciamo noi addestratori. Non usando certo fruste o sistemi violenti. Ma attraverso esercizi che, non a caso, vengono in gergo definiti dolci».

Gli stessi allenamenti che l’altroieri stava effettuando Ettore Weber all’interno della gabbia del Circo Monti. Cos’è è andato storto?

«Si parla di un’aggressione da parte di una prima tigre, che poi ha scatenato l’assalto di altre tre. In quelle condizioni salvarsi sarebbe stato un miracolo».

Un «miracolo» che invece, per quanto riguarda la sua storia professionale, si è avverato.

«Vero. Nel 2009 anch’io ho rischiato di morire in una situazione analoga ha quella in cui ha perso la vita Weber».

Come riuscì a farla franca?

«Grazie alla prontezza e al coraggio del mio papà, Walter Nones, domatore di grandissima esperienza».

Cosa fece esattamente suo padre?

«Quando vide la reazione delle tigri, entrò nella gabbia e con un tubo di gomma riuscì ad allontanarle dal mio corpo, che però ne porta ancora i segni indelebili».

Eppure non ha mai i smesso di lavorare con tigri e leoni.

«Mai».

Quando ha saputo della fine del suo collega Weber?

«Me l’hanno detto poco prima che iniziasse il mio numero nel circo che porta il nome di mia madre».

Non è stato tentato di rinunciare all’esibizione?

«No. Anzi l’ho dedicata col cuore a Ettore. So che è una scelta che lui avrebbe apprezzato e condiviso. The show must go on. Per noi circensi questo è un principio inderogabile».

Ma prima di entrare nella gabbia non ha mai paura?

«Io sono cosciente di fare un mestiere pericolosissimo. I rischi sono tanti. Gli stessi di un pilota di Formula 1 qundo corre in pista o di un pugile quando sale sul ring».

La vostra vita è appesa a un filo.

«Per questo bisogna sempre essere concentrati, mettendo passione e competenza in ogni nostra giornata di lavoro».

Gli animalisti continuano a dire che nei circhi le beste vengono maltrattate.

«Non sanno di cosa parlano. Sarebbe assurdo non far vivere bene creature senza le quali la nostra esistenza non avrebbe senso».

Lei ha figli?

«Sì, Manfredi, 10 anni. Sogna di diventare anche lui un addestratore».

Di bestie feroci?

«No, di cavalli».

E, chissà perché, Stefano Orfei Nones lo dice tirando un gran sospiro. Di sollievo.

Da www.ilgiornale.it del 06/07/19

 

Noi, domatori come Weber: «Pochi soldi, molto odio. Ma amiamo i nostri animali»

Sveglia presto, un lavoro pericoloso che tiene impegnati tutta la giornata e una fitta rete di odio social (e non solo). Oggi la vita del domatore di leoni o di tigri non può dirsi facile eppure – al netto della crisi di incassi che ha colpito i circhi – in Italia la professione sopravvive. È una «questione di amore» per il rapporto instaurato con l’animale giurano alcuni. È solo una «questione di soldi» dicono invece i loro detrattori. Il giorno dopo la morte di Ettore Weber, il 61enne sbranato dalle sue tigri nel circo Orfei, il domatore esce dall’essere una figurina di alcuni film o un protagonista di certi pomeriggi da bambini, e torna prepotentemente nella realtà mentre la procura sta indagando su cosa sia successo davvero sulle piste del tendone in provincia di Bari.

I COSTI

A riascoltare le parole del circense Sonny Caroli in un’intervista di qualche tempo fa, effettivamente però viene il dubbio che non si tratti di un impiego molto remunerativo. Il Gladiatore, come il 29enne si fa chiamare durante gli spettacoli da domatore di leoni, sosteneva sì di guadagnare 3.500 euro al mese ma anche di spenderne almeno 2.000 per prendersi cura dei suoi animali. E considerando che un leone mangia 14 kg di carne al giorno la stima potrebbe non essere distante dalla realtà.
«Il domatore non si può fare per mestiere, per guadagno» ha detto Giordano Caveagna, che da anni per il circo Nando Orfei si esibisce come clown, addestratore di cavalli e come domatore di tigri. Una «vera e propria passione» dicono, che li espone anche a una serie di pericoli evidenti («Ma come artisti hanno una posizione previdenziale e infortunistica» sottolinea l’Ente Nazionale Circhi) e a molti sacrifici quotidiani.

STRUMENTI
Non solo per preparare gli animali alle trasferte ma soprattutto per ammaestrarli. «Si usa carattere, bacchette di plastica e bocconcini» sostiene il Gladiatore «Servono carne e tanta pazienza» dice invece Caveagna, che aggiunge anche di non usare alcuna pratica violenta («non ha senso usare bastoni o gridare»). Niente frusta insomma, quella la si usa «solo quando ti vogliono mangiare, per fargli capire che non è il caso» spiega Caroli «e ad ogni modo è più il rumore a funzionare che non altro». Il tutto poi è ulteriormente complicato dalla crisi generale del circo – «sfavorito dal sistema culturale e politico» dice l’Enc – e dall’ondata animalista che sui social network non risparmia davvero nessuno.

PROPOSTE
Antonio Buccioni, presidente proprio dell’Enc, dopo la morte di Weber ha parlato di «giornata di sciacalli sui social, pronti a insultare chiunque e a non rispettare neppure chi è morto». Sottolineando che si tratterebbe «di un incidente sul lavoro» e che, aldilà delle polemiche, «sono episodi sporadici, molto meno frequenti delle morti causate dagli animali domestici». In pratica quello del domatore sembrerebbe essere un lavoro come un altro: pericoloso sì, ma non per gli animali.
Una ricostruzione con cui non sembrerebbero d’accordo né l’opinione pubblica italiana, né il Governo (il ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli sta lavorando a una legge delega per portare «gli animali fuori dai circhi») né tantomeno alcuni ex domatori. Nel 2018 André-Joseph Bouglione ad esempio, erede della più celebre dinastia di circensi di Francia, in un suo libro ha denunciato che gli animali vengono ammaestrati «a scudisciate e sottomessi a logiche contro natura» a causa di domatori «che usano la violenza invece del talento». Un’idea arriva dal circo Roncalli, che in Germania ha deciso di presentare un curioso spettacolo in cui elefanti e cavalli sono stati utilizzati soltanto sotto forma di ologrammi. Proiettati in 3D direttamente al centro dell’arena.

Da www.ilmessaggero.it del 07-07-19

Sbranato dalle tigri, l’ex senatore Togni: “Circhi poveri, manca sicurezza”

Rio Saliceto, il fondatore di una delle più longeve famiglie circensi italiane, ricorda l’amico Ettore Weber morto i primi di luglio: “Lavorava con quattro animali nuovi, doveva avere un giovane che lo assisteva, ma era da solo”

Cristina Orsini 07 Luglio 2019

RIPO SALICETO. «Non è un mestiere per tutti. Chi non riesce a controllare la paura, chi non conosce in profondità i propri animali, è meglio che stia fuori dalla gabbia delle tigri per evitare di morire giovane». E Livio Togni, 68 anni, circo nel sangue, erede del grande Darix, il fondatore di una delle più famose e longeve dinastie circensi italiane, ne sa qualcosa.Per 26 anni, dal 1975 e fino al 2001 &ndash quando ha fatto il suo ingresso al Senato nelle fila di Rifondazione &ndash Livio ha addomesticato, insegnato, vissuto e lavorato con tigri, leoni, elefanti, bisonti, giraffe. «Una cosa deve essere chiara &ndash dice &ndash prima o poi le tigri ti aggrediscono perché crescono, perché seguono le dinamiche del branco, perché possono fraintendere un gesto del loro domatore e bisogna essere preparati».

Ed è quello che può essere capitato al suo collega Ettore Weber, sbranato da quattro tigri, durante le prove dello spettacolo del circo Marina Monti a Triggiano, solo pochi giorni fa?

«Ettore lo conoscevo benissimo e per me è stato un brutto colpo. Era un domatore eccezionale, competente, accorto e preparato. Anche se aveva già 61 anni poteva benissimo continuare a lavorare con gli animali perché lo faceva in sicurezza e con grande talento. L’idea che mi sono fatto è che quell’incidente sia stato provocato dalle grandi difficoltà economiche nelle quali sono precipitati i circhi italiani. Lui stava addestrando quattro bestie nuove, avrebbe dovuto avere l’assistenza di un giovane che fuori dalla gabbia controllava la situazione. Per sicurezza. Ma il personale costa e lui, poverino, era da solo».

I circhi, effettivamente, non funzionano più.
«La crisi dei circhi in Italia è devastante, Infatti noi abbiamo chiuso il nostro e continuiamo l’attività in Russia e in Algeria, dove ancora lo spettacolo con gli animali è un’attrazione».

Ecco, appunto, la causa delle crisi non potrebbe essere l’uso di animali che starebbero meglio liberi e nel loro habitat?
«Il solito pregiudizio che nasce dalla scarsa conoscenza delle cose. I circhi non utilizzano mai, in nessun caso, animali selvatici. Gli esemplari che vengono addestrati sono nati in cattività. Le tigri, in particolare, fanno anche troppi cuccioli. Inoltre, gli animali che vivono nei circhi, sono fortunati perché sono curati, anche dal punto di vista sanitario, amati e nutriti benissimo. E non potrebbe essere altrimenti, visto che sono una parte essenziale del circo come gli acrobati, gli attrezzisti, i clown e tutto il resto. Perché dovremmo trattare male ciò che ci fare vivere e lavorare? Lei non crede, oltretutto, che se predatori di grandi dimensioni stessero male, si rivolterebbero?

Come si doma una tigre?
«Con pazienza, amore e dedizione. Non è un lavoro part-time, il domatore è per sempre. Si inizia quando le bestie sono cucciole e piano piano si insegna loro a fare gli esercizi: uno alla volta. Sono intelligenti, si divertono, per loro è un gioco. Deve vedere come sono felici quando è il momento di entrare in scena».

E per lei com’é stato?
«È stato bellissimo: una grande, totale, soddisfazione».

Da gazzettadireggio.gelocal.it del 07/07/19

ETTORE WEBER: LA STIMA DAGLI ADDESTRATORI DEL MONDO

 

Se questo articolo ti è piaciuto condividilo sui tuoi social utilizzando i bottoni che trovi qui sotto

Translate »
error: I contenuti sono di proprietà di www.circusfans.eu - Contents are owned by www.circusfans.eu.