DARIX TOGNI: dal “baule” dei ricordi…un video
A volte capita che cercando tra le cose vecchie “il baule” si trovino, vecchie immagini, testi e video ricordi che riportano alla mente momenti passati e che fortunatamente possiamo riproporre a chi quei momenti non ha potuto vivere.
Dalla scatola magica dei ricordi la vita del figlio maggiore di Ercole Togni, Darix, nato a Sanremo il 10 Gennaio 1922, quindi il più “vecchio ” della terza generazione.
La prima entrata in pista Darix la compì a cinque anni di età: eseguiva il “volteggio alla Richard” sul cavallo al galoppo, con le sorelline Leda e Doly. A sette anni interveniva in una elettrizzante danza russa con le cugine Wally e Angly, completando i passi di danza con una serie di flik-flak, come dire l’abc dell’acrobata e del saltatore.
A quattordici anni, Darix, con lo zio Ugo porteur e due allievi, era l’agile di un numero di pertiche rimasto alla base della carriera del primogenito di Ercole (Tete, in famiglia e per gli amici).
Nel 1938, anno di crisi per tutti i Circhi, si profilò una grave decisione famigliare: mettere in liquidazione il Circo. Ma fu Darix, che allora aveva sedici anni, ad intervenire audacemente nella delicata situazione, capeggiando la coorte a lui favorevole dei cugini, invitando gli zii e lo stesso padre Ercole a continuare il “mestiere”, promettendo ogni sforzo, ogni volontà, ogni estrema prova di coraggio e di sacrificio.
Nacquero due grandi ” numeri “: gli Angeli Volanti e le piramidi equestri.
Nel 1950 Darix divenne maestro dei cugini più giovani. Montò gli “Angeli Volanti”, con l’uso straordinariamente interessante e forse inedito dei trapezi incrociati: fecero epoca. Gli insegnamenti di Darix, e l’entusiasmo dei giovani – oltre le naturali e potenziate doti fisiche proprie di tutti -, crearono un ” numero ” stupendo, che si allacciava onorevolmente con la ” specialità ” iniziata dal francese Lèotard nel 1859, continuata in Italia dagli Ameros, dai Goretti, dai Ripamonti, dai formidabili Amadori e di molti altri ancora. La troupe degli Angeli era formata da Darix, Vioris, Cesare, Oscar, Ughetto Miletti quale porteur (Cesare, per un certo tempo, eseguì il doppio salto mortale, e la tripla piroetta al ritorno): il complesso si affermò rapidamente, da Londra lo scritturò il Circo dell’Olimpia, ma per divergenze circa l’impostazione degli attrezzi, tutti i Togni – per un puntiglio e per un giusto orgoglio – se ne tornarono a casa senza debutto londinese.
Alle “piramidi” equestri, prendevano parte Darix con la moglie Fiorenza Fratellini (anche squisita cantante, della grande famiglia dei famosi clowns italiani osannati in Francia), Cesare, Wioris, Ugo, Angly, Mizzi, Ginetta, Liliana, Adriana. Sui dorsi di potenti stalloni arabi, i Togni eseguivano figurazioni atletiche e composizioni coreografiche, dello stesso valore delle famose Forze d’Ercole che gli acrobati veneziani iniziarono nel Cinquecento, seguiti, nel tempo, dai Ferlan, dai Casoli, dai Giovanardi e dai Picchiani.
Ma il grande traguardo di Darix doveva essere tra le belve, nella ” grande gabbia”: leoni prima, tigri poi. La decisione di fare il domatore, Darix la prese e la mise in atto in pochi giorni. Aveva ventiquattro anni. Il domatore del Circo se n’era andato insalutato ospite. Ercole e Ugo, molto preoccupati, stavano combinando come parare il colpo, e lo stesso Ugo, che in gioventù aveva anche fatto il belluario, si offriva di rientrare in gabbia.
Saltò fuori Darix, che aveva già fatto qualche pensierino in proposito, ben deciso a trasformarsi in domatore. Forse papà Tete avrebbe voluto opporsi, ma Darix aveva l’età della ragione, e i mezzi fisici e di spirito non gli mancavano.
In cinque giorni di prove e di ripassi, Darix era pronto, e a Torino, con il costume da gladiatore con otto leoni che già avevano imparato a rispettarlo e obbedirlo, ebbe il battesimo del grande successo. Dopo i leoni, le tigri: sei esemplari stupendi. Il lavoro di Darix con le sue belve era un’intelligente via di mezzo fra il dressaggio “en douceur” e quello “en feroce” una scuola che avvicinava Darix al magnifico Alfred Court, francese, forse il maggiore domatore europeo di tutti i tempi in sostanza lo splendido impiego di una calma assoluta nei gesti e nel comportamento del domatore se una belva appariva nervosa o riottosa, Darix la minacciava con una mano alzata, e una frase che aveva sempre l’effetto di sollevare una grande risata nel pubblico: “ti dò una sberla!”
Dal suo dressaggio erano escluse le eccessive confidenze con le belve: niente “pantomima” niente trucchi che promettessero un’intesa affettuosa tra il domatore e il soggetto. Gli esercizi erano quelli classici, ma eseguiti con molta disciplina e senza “bagarre”.
Incidenti molti, qualcuno anche grave: nel 1956, a Milano, mentre divampava una furibonda lotta fra i leoni Tarzan e Tobruck, Darix balzò tra i contendenti, per dividerli, e rischiò la vita perché entrambi gli si rivoltarono.
A questo proposito, vogliamo qui ricordare papà Tete (deceduto nel 1958) un uomo di grande valore umano, circense di straordinaria abilità (fu anche, per sette anni, presidente dell’Ente Nazionale Circhi, da lui stesso patrocinato e fondato), e, pur nel suo severo e perfino burbero comportamento coi figli, genitore di cuore e di grande sensibilità. Quando Darix entrava nella gabbia, Tete mormorava quasi a se stesso: “il mio Darino ” e prendeva posto su una sedia, accanto alla porticina d’ingresso della gabbia. Resisteva finché poteva (era già malato di cuore), tenendo lo sguardo fisso sul domatore, e accertandosi sempre che un forcone o una sbarra di ferro, fossero a sua portata di mano. Ma fino in fondo al “numero” non riusciva mai ad arrivare. Ad un certo punto si alzava, faceva un cenno a Ugo Miletti, che non lo abbandonava mai, e si allontanava quasi barcollando, per andare a rinchiudersi in carovana.
Come domatore, Darix ebbe modo di rivelare appieno le doti migliori del suo carattere. Così come rifuggiva dai fronzoli spettacolari del suo lavoro (potremmo indicare il suo contrario: Pablo Noel), tra le belve appariva come un grande simbolo umano, ma inflessibile nella severità specie con le tigri, Darix non lesinava l’atto pronto e deciso: diceva: “so che le ho nemiche e le tratto come tali”.
Non vorremmo concludere questo certamente incompleto “ritratto” di Darix Togni senza ricordare quel trio clownesco dei Sorellini, composto con il fratello Wioris e il “bagonghi” Franco Medori. Certo con gli insegnamenti di papà Tete, ch’era stato anche un bravissimo clown (Dài), i due fratelli e il bagonghi, in divisa di soldati napoleonici – comparsa in pista la prima volta al Circo Olympique dei Franconi, nel 1810 – eseguivano esercizi militari, armati di fucile. Fu per un certo tempo un’entrata comica formidabile, per la quantità delle gags, per gli incidenti che diluviavano addosso al povero Medori, vittima designata degli attenti, riposo, bracciarm, presentarm, puntate, fuoco, per eseguire i quali Darix e Wioris colpivano a botte e calcioni il loro compagno d’armi, facendogli compiere voli, salti mortali, cadute disastrose.
I primi a divertirsi erano proprio i due fratelli, e Darix abbandonava quella sua aria riservata ch’era la sua etichetta umana, anche nella grande gabbia, e Wioris lasciava da parte le preoccupazioni tecniche e amministrative. Ridevano di gusto sotto i berrettoni calcati fino alle orecchie, mentre gridavano a Medori abbattuto: “prendi il ciufile”, e quello, intontito dalle pacche, non riusciva a capire un’acca…
Per vedere un video inedito
del grande
DARIX TOGNI
Testi raccolti da scritti di Enrico Bassano, foto e video dalla collezione del Mauri.
MC
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24/11/2011 14.27.55
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