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Da ilmattino.it, Domenica 04 Settembre 2011 – 21:06

Quando Buffalo Bill venne a Napoli e i napoletani fecero i biglietti falsi

di Vittorio Paliotti

Con il suo «Wild West Show», sorta di gigantesco circo equestre composto da circa quattrocento fra pellirosse e cow-boy che fingevano di combattersi, girò l’Italia intera nel 1890 e poi ancora nel 1906.
Sostò a Roma, dove papa Leone XIII gli impartì una solenne benedizione, e si fermò a Torino, a Firenze e Venezia, tanto per fare qualche esempio, e dovunque raccolse consensi.

Ma solo a Napoli, dove si trattenne dal 26 gennaio al 17 marzo 1890, solo a Napoli Buffalo Bill ci rimise le penne e non le penne dei copricapo dei pellirosse, bensì quelle metaforiche e dunque rappresentate da denaro contante.

A Napoli infatti qualcuno ebbe la bella idea di mettere in circolazione ben duemila biglietti falsi, sicché l’uomo che certa narrativa d’appendice aveva esaltato come uno sterminatore di «indiani d’America» e che invece era solo un provetto cacciatore di bisonti, giurò di non far mai più ritorno nella città del Vesuvio.

“Buffalo Bill in Italia” (Mattioli editore, pagg. 128, euro 15) s’intitola un ben documentato libro di Mario Bussoni, uscito da poco. E l’occasione è quanto mai propizia per parlare, aggiungendovi anche altre informazioni, della presenza a Napoli dell’ex colonnello onorario William Cody trasformatosi, in età matura, da cacciatore in impresario di spettacoli evocanti la vita nel romantico Far West.

Premessa indispensabile: le presunte avventure di Buffalo Bill, nato nel 1846 morto nel 1917, erano tutte parto di fantasia del popolare scrittore Ned Bluntine, autore poi anche della trama dello spettacolo all’aperto che trionfò nell’Europa intera.

Proveniente da Parigi, dove si era trattenuto qualche mese, il «grande spettacolo del West» passò dunque in Italia scegliendo Napoli come sua quarta tappa. L’enorme circo, che aveva una protagonista femminile in Annie Oakley, si accampò in una vasta area, allora libera, al corso Meridionale. Lunedì 27 gennaio 1890 circa seimila napoletani andarono ad affollare le tribune, nottetempo innalzate, e poterono incantarsi alle prodezze degli indiani Cheyenne, del capo pollerossa Black Hert, del giovane Bennie Jeving, presentato come «il più piccolo cow-boy del mondo» e dei messicani che, con i «lazos» accalappiavano bisonti falsamente inferociti.

Fu molto applaudita una scena raffigurante l’attacco a un treno di emigranti effettuato da un gruppo di indiani, nonché la ricostruzione di una battaglia fra bianchi e pellirosse.

Più ancora che Buffalo Bill, il quale tutto sommato si limitava a impartire ordini alla compagnia, riscosse successo Annie Oakley: la ragazza, addirittura, con le spalle voltate al bersaglio guardando in un piccolo specchio, tirava e colpiva nel segno. Ne rimase incantata Matilde Serao che, firmandosi «Gibus», fece su «Il Corriere di Napoli» una cronaca della serata.

Scrisse fra l’altro Matilde Serao: «La tribuna da cinque lire è stata subito piena e coloro che sono giunti in ritardo, hanno dovuto occupare le tribune da tre e da due lire e non vi era un sol posto libero in quel grandissimo anfiteatro».

L’episodio relativo alla falsificazione dei biglietti, ben documentato da Herry Blakman Sell e Victor Weybright, e che gettò un intero rione, per ore, nel caos, non fu invece narrato da donna Matilde.

Peraltro, il successo dello spettacolo andò via via diminuendo e Buffalo Bill per contenere le spese, dovette spostarsi a San Giovanni a Teduccio. Acquistò allora una pagina pubblicitaria su «Il Corriere di Napoli» e la ripresa fu immediata.

04/09/2011 21.41.21

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