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“Circk”

Cirk ovvero stupore e meraviglia

di Giuseppe Barbanti
Pubblicato martedì 5 agosto 2008 – NSC anno IV n. 21

A distanza di sette anni dall’inizio di un percorso che mira a contaminare le due forme di spettacolo Pantakin unisce professionisti del teatro e del circo in un allestimento che sperimenta con successo nuove modalità di interazione fra i due mondi

“Cirk”, nuova produzione di circo-teatro di Pantakin da Venezia., segna una svolta nel percorso sin qui seguito dalla compagnia veneziana nell’ambito della contaminazione di due grandi arti, il circo e teatro di prosa, appunto. La rilevante novità dell’allestimento è data dalla presenza di una vera e propria storia, narrata sull’onda delle travolgenti musiche di Andrea Mazzacavallo, una ammiccante colonna sonora che accompagna in una interessante variazione di toni e registri lo spettacolo dall’inizio alla fine. L’approccio lirico ed epico aveva contrassegnato la prima stagione di Pantakin alla prese con il circo-teatro: Serena e Chiarenza puntando su atmosfere e stati d’animo, in una prospettiva in cui la piazza, impreziosita da intriganti sculture, diveniva lo spazio scenico e artisti circensi , cantanti e attori rimanevano legati al proprio specifico.

Le attrazioni proposte esigevano la dimensione per lo meno del tendone circense. Con “Cirk” Ted Keijser ha messo in scena uno spettacolo concepito per essere contenuto nella tradizionale dimensione del palcoscenico: la magia che evoca il circo prende le mosse dalla valorizzazione del bagaglio di diversissime professionalità, della tradizione circense e teatrale, di cui sono portatori i cinque interpreti. Ecco , assistendo a Cirk, si percepisce nettamente di trovarsi di fronte ad uno spettacolo costruito con coloro che ne sono interpreti, quasi sulla loro pelle. Due attori di prosa e tre artisti circensi, dalle formazioni diversissime, si incrociano in una storia tanto apparentemente semplice quanto paradossale, la scomparsa della più prestigiosa attrazione di un piccolo circo, l’elefante Bombo. Da qui una inarrestabile successione di colpi di scena : c’è un clown che si presenta in scena come tale, l’infaticabile Benoit Roland dalle inesauribili risorse, e ce n’è pure un altro, Emauele Pasqualini, che fa il suo ingresso come direttore del circo e insieme formano una coppia irresistibile, che spezza con le sue gag – impagabile la scena della lettura del giornale a quattro braccia – il dipanarsi della convulsa vicenda. Fianco fianco lavorano con loro tre artisti circensi , che propongono i loro numeri, diventando comunque parte attiva della vicenda quando assumono il ruolo del personaggio loro affidato. E così Giovanna Bolzan ci fa tremare 8sul serio) nella vorticosa discesa lungo la pertica cinese, Emanuelle Annoni vive solo sulla corda tesa e Beppe Tenenti manipola vorticosamente palline e clave .

Ma non meno credibili sono nei panni dei personaggi loro affidati: ed è questo che colpisce , perchè significa che hanno saputo trovare il giusto stacco tra la dimensione circense, in cui l’ironia è rigorosamente bandita (è, in fin dei conti, la loro vita) e la dimensione teatrale contrassegnata da quel “vedersi vivere” che sfocia inesorabile in una presa di coscienza percorsa dall’ironia. Insomma uno spettacolo senza parole, che parla al pubblico attraverso i linguaggi universali di musica , mimica e gestualità. Ted Kejser, nelle note di regia, parla del “clown” come personaggio non recitato, in cui si ha la massima e più significativa sintesi dei due mondi a confronto: ma gli altri artisti circensi, in questo nuovo convivere con se stessi e i personaggi affidati, sono forse da meno? Uno spettacolo intenso, segnato da un ritmo a volte forsennato e calorosamente applaudito

Da www.nonsolocinema.com del 06/08/08

06/08/2008 21.39.05

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