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IL RITORNO DI NANDO

Orfei: «Tra noi i giocolieri du Soleil»

Il circo della celebre famiglia unisce quest’anno tradizione e modernità, tra animali feroci e virtuosismi acrobatici

Oliviero Genovese «A me, insieme al sangue, nelle vene scorre la segatura della pista, al circo devo tutto e ho dato tutto». Nando Orfei da stasera torna a Napoli, dove nel 1978 lasciò parte di un braccio tra le fauci di una tigre, e con sessant’anni di esperienza alle spalle, si permette di fondere due filosofie apparentemente antagoniste: tra i dodici numeri che si susseguono per 140 minuti di spettacolo, ce ne sono quattro del Cirque Du Soleil, un genere di show nato in opposizione a quello di domatori e animali esotici. Lui che ha recitato in «Amarcord» e in «Uccellacci e uccellini», portandosi addosso sapori e atmosfere del tendone romagnolo, prova a far uscire il circo dal cliché che lo vorrebbe sempre uguale a se stesso, con canzoncine, fruste e baffi a maniglione. Alla figlia di Nando, Gioia, il compito di armonizzare tradizione e modernità: «I bambini vogliono vedere gli animali feroci, mentre acrobazie e virtuosismi catturano l’attenzione degli adulti – spiega la direttrice artistica, impegnata anche in un numero di alta equitazione e antipodismo – così abbiamo scelto di inserire tutto in una cornice attuale, con luci al laser e una pista rialzata». Tramite la conduzione del frontman di Mirabilandia, il napoletano Antonio D’Ursi, si alternano i classici rivisitati, tigri, cammelli, lama, dromedari, cavalli, serpenti e aracnidi delle peggiori specie, e i numeri innovativi del Cirque du Soleil: dal fly cube, struttura d’alluminio di due metri che gli acrobati lanciano in aria a altissima velocità, ai volteggi con le cinghie, sospesi in aria, fino alle coreografie acrobatiche che ricordano la scuola dell’Est, ma sono completamente rinnovati. Nando, a settant’anni suonati, continua a presentare il numero delle tigri «perché la mia pagnotta dura me la devo guadagnare tutti i giorni» e può svelare i trucchi «che mi hanno permesso di rimanere in vita finora. Ad esempio, quando metti la testa nella bocca delle belve feroci devi posizionare la loro lingua sui canini, così se provano a serrare le mascelle si feriscono per primi. Invece, se le femmine sono in estro, è buona norma impregnarsi del loro odore, per non venire aggrediti dal maschio geloso». È una passione contagiosa quella di Nando Orfei, che non ha rinunciato a vivere sotto il tendone nemmeno dopo i successi cinematografici, condivisi con le sorelle Moira e Liana, che con quasi cinquanta pellicole alle spalle a testa, sono sempre tornate al circo. E galeotto per Fellini, ai tempi di «Amarcord», fu proprio un provino di Liana. «Accompagnavo mia sorella a Cinecittà, ma mentre lei provava, io vedevo che Federico guardava solo me. Si avvicinò e mi disse: ”Nandino, avevo già preso accordi con Alberto Sordi, ma lui è romano, invece tu, che sei romagnolo ce l’hai scritto in faccia”». Il circo si ferma a Fuorigrotta fino a tutto gennaio, con due spettacoli al giorno, alle 17 e alle 21.15 (la domenica alle 16.30 e alle 19.30).

 

da: “Il Mattino”, 21/12/2007

21/12/2007 18.15.28

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