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Stampa: un aneddoto su Barnum

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a volte per trovare un aneddoto circense (vedi la chiusura dell’articolo) si deve leggere un articolo di tutt’altro genere …. 

Manhattan stregata dalle sirene

Una mostra e un musical sulle mitiche creatura. Ed è boom di presenze

MAURIZIO MOLINARI – CORRISPONDENTE DA NEW YORK

Veleggiando attorno ad Haiti nel 1493 Cristoforo Colombo disse di aver avvistato tre sirene rammaricandosi però con i propri marinai perché “non solo belle come si pensa e hanno volti da uomo”. Allora nessuno gli diede retta più di tanto ma oggi sono migliaia i newyorkesi che per vedere le sirene di cui parlò l’esploratore genovese si mettono in fila nei due luoghi dove l’immaginazione è da sempre più di casa a Manhattan: il Museo di Storia Naturale e il distretto dei teatri Broadway.

Nel museo su Central Park West Avenue, proprio di fronte al parco, bambini e adulti affollano la mostra sulle “Creature mitiche”, fra le quali spiccano le testimonianze raccolte sull’esistenza, vera o presunta, delle sirene. Tutto inizia con Mami Wata, la “Madre Acqua” della cultura africana: lo spirito dei mari che gli schiavi in arrivo nel Cinquecento attraverso l’Oceano Atlantico assicuravano di aver avvistato e al quale attribuivano immensi poteri. Appena arrivati a terra gli schiavi erigevano statue e fantocci a Mami Wata, raffigurandola quasi sempre avvolta in serpenti giganti. Fu così che ebbe origine la storia delle sirene nell’Emisfero Occidentale.

Fra gli americani che assicurano di aver visto quanto sorprese Colombo c’è il viaggiatore John Smith, che nel 1614 descrivendo sirene avvistate nell’Atlantico con “orecchie ben formate e lunghi capelli verdi” concordò sul fatto che “sono assolutamente non attraenti”, al contrario di quanto si affermava in Europa. Qualche anno prima, nel 1608, l’esploratore britannico Henry Hudson, da cui prende il nome la baia di New York, aveva appuntato sul taccuino di viaggio quella che a tutt’oggi è la descrizione più dettagliata delle eleganti creature degli abissi: “Il seno è come quello di una donna, il corpo grande come il nostro, la pelle molto bianca e i capelli neri, quando si è immersa abbiamo visto la coda, ed era simile a un maccarello”. Insomma, Hudson non credeva all’avvistamento di Colombo perché le sirene che lui aveva potuto osservare erano davvero avvenenti.

Proprio alla visione di Hudson deve molto la scenografia di “The Little Mermaid”, lo show della Walt Disney in arrivo a Broadway all’inizio del nuovo anno che già registra un boom di prenotazioni online di biglietti. Ambientato in un magico regno sotto i mari, lo show racconta la storia di una bellissima giovane sirena di nome Ariel che aspira a vivere in superficie. Ma per riuscirci deve sconfiggere il padre, Re del Mare, sopravvivere ai diavoli degli abissi che la inseguono e convincere un principe che è proprio lei la ragazza dalla voce perfetta.

Realizzato sulla base della favola dello scrittore danese Hans Christian Andersen, il musical promette incassi record e consente a chi esce dalle sale del Museo di Storia Naturale di mettere in programma una nuova immersione nel mondo delle sirene dopo aver ammirato le sculture degli inuit dell’Artico dedicate a Sedna. Si tratta di una giovane donna che il mito vuole sia stata gettata in mare a tradimento dal padre durante una tempesta ma che, sconfiggendo immani pericoli, riesce a sopravvivere dando origine ad una moltitudine di balene e foche dalle quali ancora oggi dipende l’alimentazione delle tribù eskimesi che popolano i ghiacci dal Canada all’Alaska fino alla Groenlandia. Il termine “eskimo” si deve all’antropologo Franz Boas che, per conto nel Museo di Storia Naturale, nel 1885 circunnavigò l’isola di Baffin cercando invano Sedna ma riuscendo a raccontare vita e miti dei popoli inuit. Le maschere di Sedna scolpite nel legno sono la rappresentazione più autentica del mito, anche se i tratti del volto ricordano le foche.

Fra miti e leggende nelle sale del museo c’è anche spazio per la famosa burla di Barnum, fondatore dell’omonimo circo. Era il 1842 e i giornali di Manhattan annunciarono con edizioni straordinarie che una sirena in carne e ossa era stata “catturata nelle isole Fiji”. Barnum era riuscito a trafugare grazie a un vecchio amico una falsa sirenetta da un museo di Boston e aveva distribuito 10mila volantini con immagini di bellissime donne-pesce che assicurava di riuscire a mostrare al pubblico. In molti caddero nella burla e pagarono i biglietti per andare al circo convinti di poter vedere la “sirena delle Fiji” ma una volta davanti all’unico esemplare esposto non poterono far altro che verificarne la sua “straordinaria bruttezza”, come scrisse un cronista dell’epoca. Confermando l’opinione di Colombo.

lastampa.it

14/08/2007 13.31.23

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