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Noi, clandestini senza foglio di via

 

La nuova vita degli animali importati illegalmente

 

RAFFAELLO MASCI

 

ROMA
Dimentichiamoci lo zoo, le gabbie, i guardiani, gli animali in mostra. Il Bioparco (ora si chiama così) di Roma è un’altra cosa: non è pensato a misura dell’uomo che lo visita, ma dell’animale che vi vive, con spazi che per dimensione e habitat sono il più possibile consoni a ciascuna specie.

E’ pur sempre cattività, si dirà. In realtà il 90 per cento degli ospiti del parco sono animali nati in quello o in altri zoo oppure – ed è il caso più frequente – sequestrati dalle forze dell’ordine a commercianti senza scrupoli, a importatori clandestini, a circhi sedicenti tali, a zoo privati, a cittadini che li tenevano in condizioni precarie, a turisti che cercavano il souvenir vivente, a faccendieri di varia natura. L’arrivo al Bioparco, quindi, per questi animali è stato una benedizione, l’approdo a una casa per gli animali in cui sono accuditi, amati e anche curati in un’apposita clinica veterinaria.

Il cover-boy del Bioparco, come si addice al ruolo, fa bella mostra di sé in una gigantografia piazzata all’ingresso. Sfoggia i suoi colori – turchese, giallo oro, rosso cremisi – e, a suo modo, ride. Eppure la storia di «Gino, il clandestino» è drammatica: è un camaleonte del Madagascar che una incauta (e un po’ ebete) turista romana aveva pensato bene di traslare all’ombra del cupolone, mettendolo in una scatola di scarpe. Trovato dalla polizia all’aeroporto di Fiumicino, è stato sequestrato e portato lì, al sicuro. «Era fortemente stressato – racconta Diego, lo zookeeper (il tecnico che cura gli animali) – ed è stato difficile curarlo. Questi animali sono estremamente delicati e spesso muoiono di freddo alle nostre latitudini».

Il mercato clandestino di animali è una calamità che devasta il patrimonio faunistico dei Paesi d’origine, diventa un tormento spesso mortale per gli animali, alimenta i proventi di una mafia trasversale e specializzata, genera una quantità di problemi nei Paesi di destinazione. Perché le famiglie – spesso succubi di bambini viziati e capricciosi – comprano l’animale, non sanno come tenerlo, lo fanno morire di incuria oppure lo liberano come possono. Secondo il ministero dell’Ambiente, ogni anno 350 milioni di «viventi» (animali o piante) vengono prelevati dal loro habitat naturale per essere destinati al commercio illegale. Tra questi ci sono 5 milioni di uccelli, 37 mila scimmie, 12 milioni di orchidee e 11 milioni di cactus.

Quattrocento esemplari di tartaruga egiziana, specie protetta e delicatissima che vive ai margini del deserto, sono stati ritrovati in due valigie abbandonate a Fiumicino. Anche alcuni turachi, coloratissimi uccelli tropicali, sono stati salvati all’aeroporto romano dalle loro potenziali bare di cartone. Perfino le rarissime tiligue rugose dell’Australia, lucertoloni dal bellissimo manto, erano rinchiuse in una scatola con la scritta «toys» (giocattoli) e lì sarebbero finite se non fossero intervenute prontamente le forze dell’ordine. Tutti questi animali sono ora curati e accuditi al Bioparco.

In questo malcostume è incappato il povero Mario, un coccodrillo americano sequestrato a un coatto della capitale che lo esibiva ai suoi amici («Aho, me so fatto er coccodrillo») nella vasca da bagno. Fintanto che la notizia non è giunta al Wwf e al Corpo forestale dello Stato che lo hanno liberato da quella pozza di tortura. Ora è diventato la mascotte del parco e un bestione di quattro metri che si crogiola al sole, mangia le sue venti trote a settimana e sonnecchia in uno spazio in cui perfino il livello di umidità è pensato per le sue esigenze.

Rocco è alto cinque metri e venti e ha 18 anni. I Nas dei carabinieri lo hanno sottratto «per maltrattamenti» al suo ruolo di fenomeno da baraccone in un parco divertimenti di Rimini. Rocco è un maschio di giraffa, ora circondato da un harem di stangone e due «bambine». Una di queste, detta Esperanza, è nata nel Bioparco 11 mesi fa con una grave malformazione alle zampe anteriori. Operata da una équipe di ortopedici a fine maggio, zampetta ora nella grande radura riservata alla sua specie.

Era un intrattenitore di clienti anche lo scimpanzè Bingo, «sequestrato – dice Massimiliano Di Giovanni, il tecnico del Bioparco – dal Corpo forestale dello Stato a Pescara, dove veniva utilizzato per fare spettacoli in un night. Era molto provato dalla sua esperienza e, vivendo solo di notte, all’inizio era molto infastidito dalla luce solare». Dal suo passato si porta dietro un brutto ricordo: «Se vuoi mangiare, balla». E così, anche adesso che i suoi zookeeper lo adorano e dei suoi compagni è diventato il capobranco, fa le capriole prima di avvicinarsi al cibo. «I visitatori – spiega Di Giovanni – credono che sia un gioco e applaudono, in realtà è il retaggio di un trauma».

 

Da del 11/07/07

11/07/2007 22.33.50

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