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ANIMALISTI ALL’ATTACCO DI CESARE TOGNI

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Animalisti all´attacco: «Il circo è tortura»
Ma Elvio Togni risponde: «Vengano
a vedere come trattiamo gli animali»
Uomini e bestie

Vita dura per i circhi. Da tempo sono nel mirino degli animalisti che contestano le condizioni in cui vengono tenuti elefanti e felini. La protesta ora s´è infiammata anche a Trento dove è arrivato il circo Cesare Togni. Un gruppo di animalisti ha scritto al Comune per chiedere l´annullamento degli spettacoli e, in futuro, di negare gli spazi a qualsiasi performance che preveda l´impiego di animali. Dal circo ribattono: «Vengano a vedere come trattiamo gli animali».

Di MATTIA PELLI
Chiedono al Comune di Trento di annullare gli spettacoli del circo Cesare Togni e, in futuro, di negare gli spazi a qualsiasi performance che metta in scena animali per il divertimento degli umani. Sono in quindici a firmare una lettera inviata all´amministarzione pubblica, e tutti condividono la stessa convinzione: il circo è uno «spettacolo di tortura», e qualsiasi animale deve veder riconosciuta «la sua dignità, la sua natura, la sua vita, che è diversa dalla nostra ma non per questo meno degna».
«Sicuramente – spiega Wilma Piffer, una delle firmatarie della lettera – quelli del circo non ammetteranno mai che maltrattano gli animali. Ma il fatto stesso che questi siano costretti a vivere in piccoli spazi è già una tortura. Prenda un elefante: pensi al suo ambiente naturale, alle distese della savana. È vero che molti animali nascono in cattività, ma esistono anche associazioni che si occupano di reinserirli nei loro ambienti naturali».
La tesi dei 15 sottoscrittori della lettera è che chi fa violenza sugli animali è spesso responsabile anche di quella sugli uomini e che andare a vedere il circo è un po´ come essere complici dei maltrattamenti. Scrive Roberta Perini, volontaria del canile di Trento, riferendosi agli animali: «La loro vita è fatta di spazi estremamente ristretti, catene, gabbie, continui spostamenti e a questo va aggiunto l´addestramento con bastoni, fruste, pungoli elettrici». Così, sabato sera, per informare gli spettatori che si recheranno all´area ex Michelin, i firmatari distribuiranno volantini in cui verrà descritta la condizione degli animali.
Elvio Togni – che gestisce il circo con il padre Cesare, ormai 81enne – è tranquillo e invita gli animalisti ad andare a vedere di persona come vengono curati gli animali. «Possono venire – dice – anche quando li addestriamo: utilizziamo solo la dolcezza, altrimenti non otterremmo nulla».
Piccolino, il sorriso aperto e un passato da domatore, Togni sembra abituato a questo tipo di polemiche. Spiega che nello spettacolo che inizierà questa sera (e andrà avanti fino al 23 maggio) sono tre i numeri con animali: ci saranno cavalli, cani e elefanti. A lui giriamo le critiche degli animalisti. «Sono stupidaggini – dice Togni – un elefante sta meglio qua che in uno di quei paesi dove li stanno eliminando tutti. Noi li curiamo continuamente, con loro siamo a contatto 24 ore al giorno».
Sotto un tendone apposito i tre elefanti si dondolano uno accanto all´altro: «Sono legati ma – spiega Togni – solo perché gli inservienti sono impegnati a montare le strutture. Poi verranno liberati all´esterno, in un recinto, e i bambini potranno venire a vederli». Ma gli animali – soprattutto quelli selvatici – non stanno meglio nel loro ambiente? «siccome nascono in cattività, se li riportassimo nel loro ambiente naturale sicuramente morirebbero. Con l´uomo stanno bene se vengono trattati con attenzione». Di animali Elvio Togni se ne intende: oggi ha sessant´anni e per tutta la vita ha fatto il domatore, e ne porta i segni addosso. In fronte ha ancora il segno netto di una incornata presa da un rinoceronte e ricorda con grande tristezza la morte del suo primo elefante, in Grecia, arrivato alla bella età di 80 anni: «mentre stava morendo sembrava mi chiamasse, voleva avermi vicino».
Le polemiche sugli animali? «In Italia ci hanno danneggiato parecchio. Si è creata una leggenda secondo la quale noi saremmo dei torturatori. Niente di più falso».

Da “L’Adige” 13/05/05

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