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23/01/2003: Recensione del libro “Il Circo della Memoria” di Alessandra Litta Modigliani

Recensione Libro Il Circo della Memoria di Alessandra Litta Modigliani

 

In volo con la donna cannone . Quando per privati motivi si tagliavano i ponti con la quotidianità seguendo la carovana del Circo

NELL’ITALIA di qualche decennio fa poteva ancora capitare che qualcuno, non per miseria ma per privatissimi motivi, decidesse di disertare dalla quotidianità. Le vie di fuga più praticate, soprattutto se si era giovani e di sesso maschile, non erano poi tantissime. Solitamente la biforcazione era tra l’avventura militare (al primo posto la Legione Straniera) e la fuga al seguito di qualche Circo di passaggio in città. Chi sceglieva questa seconda soluzione – al contrario dei primi, spesso mossi dalle pene di qualche tradimento – solitamente aveva il cuore leggero. Come l’amore che credeva di aver intravisto in pista. Poteva essere stato conquistato dalle aeree acrobazie di qualche trapezista, dall’eleganza di una cavallerizza, dai fianchi sottili di una contorsionista. Oppure – anticipando un’indimenticabile canzone di De Gregori – persino da una donna cannone scagliata a raggiungere il cielo ad ogni rappresentazione. Ma, comunque fosse accaduto, il destino del fuggitivo era segnato: il mal di Circo, per le generazioni che ci hanno preceduto, era di quelle affezioni dalle quali non si guarisce facilmente. Diventasse clown bianco o galuppo (vale a dire inserviente di pista), antipodista o generico o giocoliere avrebbe condiviso giorno dopo giorno la vita della famiglia circense. Nei giorni di magra, quando lo spettacolo non si poteva tenere per esiguità di pubblico pagante, avrebbe vissuto, come tutti gli altri, della “camerata”. Vale a dire il minimo necessario per la sopravvivenza, per l’ammontare pagato a tutti i componenti la troupe. Mentre nelle fasi meno difficili, avrebbe incassato la “giornata”, vale a dire il salario pagato agli artisti quando il Circo lavora. Ovviamente non sarebbe mai diventato ricco e avrebbe condiviso con tutti i componenti della troupe le diverse fasi dello spettacolo e la sua quotidiana preparazione, i trasferimenti da città in città e le frenetiche ore nel corso delle quali, una volta giunti ad una nuova meta, si doveva montare il tendone e allestire il primo spettacolo entro la stessa serata dell’arrivo. Come spiegano Alessandra Litta Modignani e Sandra Mantovani, nel bellissimo volume Il circo della memoria: storie, numeri e dinastie di 266 famiglie circensi italiane, sino al finire dell’Ottocento il tendone così come noi lo conosciamo non era comune a tutte le compagnie e non era acquistato, come oggi accade, da fabbriche specializzate. Il più delle volte il parapioggia retto da un’unica antenna centrale era fatto di “teloni di iuta, comprata a metraggio, tagliati e cuciti a mano dagli stessi artisti. Una volta fatto – spiegano le due autrici – il tendone era bagnato in acqua calda e verderame, poi per impermeabilizzarlo veniva passato uno strato di colla e di cera”. E’ a partire da questi anni che l’Italia viene percorsa da decine e decine di compagnie circensi i cui fondatori e componenti e discendenti sono pazientemente censiti da questo libro preziosissimo. Un testo da far conoscere perchè capace di andare ben al di là – come scrive nell’introduzione Roberto Leydi – di ogni “vocazione romantica ma anche di ogni indulgenza aneddotica per fissarsi, in modo rigoroso, sulle vicende delle nostre famiglie circensi.. Ne esce il primo esteso quadro delle vicende famigliari dei nostri circensi ma anche notizie non altrimenti reperibili sulle tante specialità del circo, alcune delle quali oggi abbandonate”. Il tutto accompagnato non solo da una ricca bibliografia e da un indispensabile e prezioso glossario. Ma anche da materiale fotografico ricchissimo che consente di rivedere volti e numeri portati in pista da protagonisti e comprimari di un secolo e mezzo di arte circense italiana. Dagli Alessandrini, originari di Galeata in quel di Forlì (Angelo, il capofamiglia nel 1962 farà la controfigura nel film “Barabba” con Anthony Queen e Jack Palance) agli Zurlo, s’assiste, ad ogni pagina, allo snodarsi di una imperdibile galleria di personaggi. All’intrecciarsi di vite e di vagabondaggi per tutti i continenti. E’ un caparbio lavoro di raccolta di memorie attorno a specializzazioni individuali e avventurose imprese circensi che, senza il paziente e intelligente lavoro delle due curatrici, attive nel meritorio Laboratorio di Ricerca e Documentazione del Teatro di Animazione e dello Spettacolo Popolare costituito presso la milanese Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi, sarebbero sprofondate per sempre nell’oblio. Quasi ad ogni nome, ad ogni famiglia, pur nella sinteticità imposta da centinaia di schede e dai dettagliatissimi alberi genealogici di ogni clan, s’accennano vicende e incontri, prove e avventure che meriterebbero, ad ogni tratto, vastissimo racconto. Affascinanti sono i primi passi (talvolta risalenti a metà dell’Ottocento) di alcune di queste famiglie, dalle genealogie lunghissime dove i nomi illustri si intrecciano a figure di gaggi (termine gergale che, come l’equivalente “fermo”, definisce persone esterne al mondo circense) cooptati nell’attività dei clan. Tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento a farsi spesso magnetizzare dal Circo sono decine di ottimi palestranti, di solito giovani dalle normalissime occupazioni che frequentando le civiche palestre sono diventati bravissimi negli esercizi di acrobazia agli attrezzi e a corpo libero. E che non resistono al richiamo del Circo. E’ il caso di Angelo Zamperla, palestrante ferrarese che abbandona il negozio di dolciumi per dare vita, coi figli, ad una Compagnia Drammatica Zamperla che forma una lunghissima discendenza di acrobati, cavallerizzi, contorsionisti tuttora in attività, parte in Europa e parte negli Usa. Ma vicende analoghe sono sparse in tutto il libro. Una tra tutte? Quella dell’architetto romano Bellucci, palestrante, che molla moglie e due figli già adulti per seguire un gruppo di saltimbanchi. Muore in pista per una caduta mentre cammina sul filo alto. Uno dei figli arriva al circo per l’ultimo saluto al padre. Vede una cavallerizza, se ne innamora. Insieme fonderanno un circo e, ovviamente, una nuova dinastia circense.

di Del Buono – Boatti

Salerno (Italy) – 23 January 2003 – 12:17:36

 

 

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