Tra circo e razzismo la vera storia del clown Chocolat
da trovacinema.repubblica.it di Paolo D’Agostini
Vediamo cosa si racconta. Poiché, come capita con sempre maggior frequenza (se sia poi spia di debolezza inventiva è un dubbio abbastanza lecito), anche questo “Mister Chocolat” trae origine da una vicenda reale. Sia pur non in maniera letterale, ma sintetizzandola e romanzandola. Nato negli anni 60 dell&rsquo800 figlio di schiavi africani deportati a Cuba ancora colonia spagnola, senza nome e comunque secondo coordinate anagrafiche che è impossibile stabilire con certezza, il futuro Chocolat giunge avventurosamente in Europa, prima Spagna e poi Francia, dove tra metà degli anni 80 e primo decennio del nuovo secolo vive la propria avventura circense, ascendendo da una condizione miserabile &ndashinizialmente anche nel circo, dove viene esibito come un freak in pelle di leone e anello al naso &ndash alla prima fila del grande successo.
Siamo in piena Belle Époque, lo spettacolo circense è in voga, e in esso si riflettono gli echi di un esotismo che trae origine dalla contemporanea stagione coloniale e imperialista (Chocolat verrà immortalato da un&rsquoopera di Toulouse Lautrec). La svolta sarà determinata dal clown professionista inglese George Foottit che intuisce le potenzialità di Chocolat lanciando la coppia secondo la canonica divisione di ruoli tra &ldquoclown bianco&rdquo serio e &ldquoaugusto&rdquo buffone, e andando così incontro a una carriera parigina di prima categoria, a uso di un pubblico di classe e censo superiori.
Siamo in piena Belle Époque, lo spettacolo circense è in voga, e in esso si riflettono gli echi di un esotismo che trae origine dalla contemporanea stagione coloniale e imperialista (Chocolat verrà immortalato da un&rsquoopera di Toulouse Lautrec). La svolta sarà determinata dal clown professionista inglese George Foottit che intuisce le potenzialità di Chocolat lanciando la coppia secondo la canonica divisione di ruoli tra &ldquoclown bianco&rdquo serio e &ldquoaugusto&rdquo buffone, e andando così incontro a una carriera parigina di prima categoria, a uso di un pubblico di classe e censo superiori.
Il ruolo di Chocolat si fonda sul suo stato di inferiorità razziale. Foottit non è razzista e attribuisce alla convenzione l&rsquounico compito di far funzionare i loro numeri, di piacere al pubblico, di ottenere ingaggi vantaggiosi, e rispetta il partner. Ma Chocolat non ha documenti regolari ed è ancora un semianalfabeta. Una delazione probabilmente invidiosa porta al suo arresto, e il contatto in carcere con un esule politico haitiano instilla in lui il dubbio sulla dignità delle sue esibizioni. Sarà uno degli elementi, con l&rsquoalcolismo, il disordine della sua vita, le ingenti perdite al gioco che lo rendono ostaggio di brutta gente, l&rsquoimpossibile relazione con una giovane donna borghese ed emancipata (che lo introduce alla nobile e generosa attività di intrattenere i bambini ricoverati in ospedale), la frustrata ambizione di passare alla recitazione shakespeariana, nonché la separazione da Foottit, che lo condurranno sul lastrico e lo faranno riprecipitare sul fondo della scala sociale. [….]
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09/04/2016 18.55.42
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