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I nipoti del Gratta e il circo nel sangue

da primapaginachiusi.it di Elda Cannarsa

Con una media di 50 bambini al giorno che, tra le cinque e le nove di sera delle prime tre settimane di settembre, ci hanno saltato e scivolato allegramente, i gonfiabili installati in piazza XXVI Giugno di Chiusi sono stati un successo. La struttura è linda e pinta, ben organizzata, con un tappeto verde che riveste tutta l’area. Ogni gonfiabile ha un suo “supervisore” che vigila sulla correttezza dell’uso per evitare che i bambini si facciano male.

I commenti di grandi e piccini sono entusiasti. Il servizio, la struttura, la gentilezza dei gestori sono stati molto apprezzati. Questa piazza, dice qualcuno, non è mai sfruttata per eventi o attività di alcun genere.  Jenny Caroli, che insieme al marito Luca Fuser, gestisce l’attività, è un po’ stanca ma soddisfatta: “Ci siamo trovati bene qui a Chiusi. L’amministrazione è stata gentile e disponibile. La gente ci ha dato subito fiducia.

L’anno prossimo mi farebbe piacere tornare”.
Jenny è originaria di Livorno ma la sua è una vita da “nomade” con tanto di casa su ruote. “Vengo da una famiglia circense. Mio marito da una famiglia di giostrai”. L’animo itinerante, insomma, ce l’hanno nel sangue.    
Nomadi si nasce, peraltro la stirpe circense da cui Jenny discende, non è proprio una famiglia… qualunque.

Il nonno di Jenny era il popolare Evaristo Caroli, detto il Gratta, amatissimo clown di Firenze, dove installava il suo magico tendone negli anni del dopoguerra, capostipite dell’omonimo Circo (senza animali), dotato di una straordinaria mimica facciale e una brillante abilità verbale. Al Gratta la città di Firenze ha dedicato il giardino di Piazza dei Ciompi, il critico d’arte Stefano de Rosa il libro “ Quando c’era il Gratta”. Tra gli estimatori del grande clown, scusate se è poco, si ricordano Gino Bartali e Federico Fellini.

“E poi? Che ne è stato del circo?”, chiedo.”I miei genitori hanno smesso quando ero piccola. Hanno comprato una giostra nelle Marche e siamo entrati nel mondo dei giostrai”. In quel mondo, Jenny ha incontrato Luca e ha avuto 3 figli che hanno dieci, otto e tre anni.
La famiglia Fuser-Caroli trascorre l’inverno nelle Marche, la primavera nei rioni di Livorno e l’estate in giro per la Toscana. Quando va bene, i bambini cambiano scuola solo un paio di volte. “Come vivono i tuoi figli questi
cambi continui?”. Il volto di Jenny si apre in un’espressione di commozione mista a orgoglio:” Sono bravissimi. Quest’anno sono stati promossi con tutti 9 e 10”. In realtà, spiega, tornano sempre nelle stesse scuole, ritrovando maestre e compagni con cui lei si premura di mantenere i contatti durante tutto l’anno.

“Sono abituati a spostarsi, come lo siamo io e mio marito. Gli dispiace lasciare gli amici ma dopo un po’ che siamo nello stesso posto, anche loro cominciano a scalpitare. Non hanno problemi a fare amicizia. Nelle relazioni finali delle scuole lo scrivono sempre che socializzano facilmente”.

Li guardo questi figli globe trotter che, mentre chiacchieriamo, sono lì intorno. La piccola ha una faccetta monellissima. Ha già capito come fregare i fratelli per ottenere quello che vuole. Loro si lasciano manipolare, rassegnati. Si muovono disinvolti nell’area dei gonfiabili. Un po’ giocano con gli amici, un po’ aiutano alla cassa, l’occhio vigile a comportamenti scorretti che potrebbero essere pericolosi.
“Cosa pensi che faranno i tuoi figli da grandi?”chiedo. “ Credo che faranno questo lavoro. Del resto, il figlio dell’avvocato fa l’avvocato, quello del dottore fa il dottore…. però io spero di no. Cioè, se lo devono fare, che sia
per scelta e non per obbligo, come è successo a me. Per questo alla loro istruzione ci teniamo molto. Quando cambiano scuola, se sono più avanti va bene ma se sono indietro fanno lezione con una maestra privata.

È una spesa ma l’istruzione è importante. Quando io ero piccola, se ero indietro con i programmi, il problema era solo mio. Del resto, allora per i “grandi”la scuola era più un peso che altro. Quello che contava era il lavoro. A undici anni già eri alla cassa. A quattordici cominciavi a montare. Invece, anche in questo lavoro essere istruiti è importante. Quando vado a parlare con le amministrazioni, a volte fatico a capire come funziona. È perché loro sono più istruiti”. Faccio notare a Jenny che quello non è un problema di istruzione. Puoi avere tre lauree e sentirti analfabeta di fronte al linguaggio burocratico. Del resto, l’obiettivo è quello. Ma lei è irremovibile.     Prima di lasciarla, le faccio un’ultima domanda: “qual è il valore più importante che ti preme trasmettere ai tuoi figli?” .”Il lavoro onesto” risponde Jenny senza esitazione. Chissà perchè, c’avrei giurato.

 

26/09/2014 20.53.50

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