Cirque du Soleil
sogno e realtà
Quattro date in esclusiva per la Toscana
Firenze, 21 febbraio – DOPPI E TRIPLI salti mortali che stenderebbero il più crudo degli scettici. Artisti che si catapultano da un’altalena a oltre dieci metri d’altezza come facessero una passeggiata. E quello che pedala su una bici e circola tra due pali altissimi: sia lui il simbolo dell’equilibrio che occorre per andare nella vita?
«Quando penso al Cirque du Soleil — spiega Richard Dagenais senior artistic director — non posso fare a meno di immaginare un organismo, una specie di maxicellula che genera nuove forme di vita, ad libitum».
Il mitico Cirque du Soleil arriva in Italia, dopo la trionfale prima mondiale di Saltimbanco andata in scena a Barcellona. Per la Toscana sarà solo a Firenze dal 24 al 28 marzo, al Mandela Forum: spettacoli da mesi già prenotati, tanto che l’organizzazione è stata costretta ad aggiungere la data del 26 (info: 055 678 841). Quasi impossibili i contatti con i media e infatti questa chiacchierata è una sorta di esclusiva.
Richard Dagenais come scegliete i numeri da proporre?
«Spesso sono loro a scegliere noi, attraverso il nostro sito. Esiste naturalmente una prima fase di casting, che avviene di solito attraverso la visione dei video che ci inviano. Questo ci dà l’opportunità di esaminare proposte da tutto il mondo. Gli artisti interessati sappiano che usiamo molto Youtube e Facebook. Il risultato finale? Che al Cirque lavorano cinquemila persone, di cui 1500 sono artisti».
Dopo anni di esperienza sa spiegare perché il «Cirque du Soleil» abbia tanto successo nel mondo?
«Penso quel che vedo: e cioè che da ventiquattro anni siamo nei più incredibili palcoscenici e città del pianeta, con uno show speciale e mai monotono: per questo visto da molta gente. Ho capito che tanti amano vedere quanto gli uomini sappiano arrivare in un certo senso ai loro limiti. Anche se fermo resta il fatto spettacolare. Tutto questo successo ci dà grandi responsabilità. La nostra macchina artistica deve funzionare, dovunque sia. Questo è il suo ruolo».
Dagenais più che un circo, dai numeri si direbbe un villaggio…
«Dico sempre che noi, come i circhi tradizionali, siamo una grande famiglia, anche se parecchio allargata, lo ammetto. Ci presentiamo come girovaghi e io sono il loro sindaco, ma sfido chiunque a non parlare di artigianalità nel nostro lavoro».
Il vostro punto di forza?
«Non dimentichiamo mai come abbiamo iniziato, cioè vent’anni fa facendospettacoli on the road, sulla strada. Ed è quello, anche se è difficile crederlo oggi, il seme da cui germogliano i nostri spettacoli. Abbiamo cambiato solo il fertilizzante, giuro».
Quanto è difficile adattare il «Cirque» al Paese dove viene portato in scena?
«Non è tanto complicato, piuttosto direi che è interessante paragonare tale e tanta diversità tra la gente che lo vede, i luohi, i loro costumi che non ti aspetteresti dal Cirque du Soleil che parli un linguaggio tanto universale».
Dagenais, per voi direttore artistico vuol dire artista?
«Certo: personalmente devo pensare al messaggio dello show: che sia credibile e amabile e se non coincide col luogo dove siamo, dobbiamo cambiare la comunicazione del messaggio».
Il mimo Eddie rischia d’affogare in un wc per una fuga di acqua…
«E’ un’altra delle trovate: pensa, sono arrivato nel 2001, e mi occupavo di casting. Oggi sono il direttore artistico di Saltimbanco: renditi conto come lavoriamo. Saltimbanco è il nostro spettacolo storico fino dal 1992, visto da quasi dodici milioni di spettatori. Il nostro palco a Firenze è già progettato: sarà lungo 34 metri e largo 20 sopra lavoreranno trapezisti senza rete, equilibristi mai visti e saltatori che fanno venire i brividi perfino a me».
Dica la verità, a cosa mira il «Cirque du Soleil»?
«A una cosa sola. Vorrei che ognuno di voi potesse tornare, anche se per un tempo relativo, il bambino sereno che è stato. O che avrebbe voluto essere».
Titti Giuliani Foti
Da www. lanazione.ilsole24ore.com del 23/02/10
23/02/2010 22.43.59
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