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Stampa:Circo, uno spettacolo a prova di crisi

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Circo, uno spettacolo

a prova di crisi

“Il circo è uno spettacolo a prova di recessione” dichiara al New York Times William Hall, un 75enne produttore circense di Pasadena, che ha iniziato la sua carriera negli anni ’50. “E’una forma di divertimento strettamente legata al concetto di famiglia”. Il divertissement circense “per molte famiglie è come andare a Disney World per un pomeriggio”, sottolinea un produttore di Las Vegas. Perciò – in apparenza – sembra immune dalla crisi economica di cui, per certi versi, ha beneficiato. Minori costi di trasporto su rotaia, uniti al minor prezzo del carburante, hanno infatti impattato positivamente sui costi di gestione del settore. Tuttavia “il più grande show sulla faccia della terra”, come viene definito il “Ringling”, appuntamento annuale al Madison Square Garden di New York arrivato alla 139ma edizione, quest’anno è stato costretto a cancellare la sua famosa serata di gala.

Colpito tanto dalla situazione economica statunitense, quando dalle proteste degli animalisti, preoccupati dal trattamento che l’istituzione riserva alla propria attrazione principale: gli elefanti. “Siamo sopravvissuti ad ogni distruzione, guerra mondiale, elezione, crisi economica e perfino all’11 settembre”, confessa sconsolato Kenneth Feld, il 60enne produttore dello show, “e ora siamo il salvagente dell’entertainment nazionale”. Basti pensare alle compagnie protagoniste, negli ultimi anni, di un successo a livello planetario, come il canadese Cirque du Soleil e il newyorkese Big Apple. Uno sviluppo a cui, dicono i volontari del Fund For Animals, una ong animalista, non è seguita un trattamento adeguato degli animali utilizzati per gli spettacoli, soprattutto nel caso degli elefanti. Proprio gli attivisti di Fund For Animals hanno organizzato una class action contro la compagnia di Feld presso la Corte Federale di Washington, chiedendosi se fosse legale, in base all’Endangered Species Act del 1973, incatenare e fissare dei “ferri di cavallo” sotto le zampe dei pachidermi. Nonostante le rassicurazioni di Feld, sia sul piano pragmatico: “Come possiamo maltrattare la nostra principale fonte di guadagno?”, ha recentemente dichiarato sia sul piano della trasparenza: “Gli elefanti provengono dalla nostra riserva di 200 acri a Polk City, Florida, dove dal ’92 sono nati 22 esemplari” ultimamente questo tipo di spettacolo sta diventando sempre più impopolare. Sarà anche per questo che il prezzo del biglietto è sceso dell’8 per cento rispetto allo scorso anno. “Siamo la Wal Mart dell’intrattenimento”, commenta Feld, che aggiunge “garantiamo a tutti l’accesso allo show”. La rivista Forbes stima in oltre 700 milioni di dollari la fortuna personale di Feld, benché l’azienda abbia visto ridursi le sue entrate di un decimo, da 600 a 60 milioni di dollari l’anno. Una diminuzione dettata anche dagli investimenti per rendere maggiormente ricchi di effetti speciali e pirotecnici gli spettacoli. Facendo storcere il naso ai puristi, come Buckles Woodcock, 74enne ex istruttore di elefanti, che dal suo blog bucklesw.blogspot.com denuncia: “Più attori, meno effetti speciali”. Insomma, tutto il mondo è paese.

Antonio Vanuzzo

ifgonline.it

01/04/2009 13.08.25

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