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Stampa: Massimo Rocchi, la Svizzera, l’arte di essere e l’interpretazione

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Massimo Rocchi
La Svizzera, l’arte di essere e l’interpretazione

Quest’anno ha vinto il Premio svizzero della scena e non è la prima volta che gli viene assegnato un prestigioso riconoscimento: Massimo Rocchi nel 2005 si è visto insignire dello Swiss Award e, nel 2006, dello Schweizerischer Kabarett-Preis.  Nel suo spettacolo, “Circo Massimo”, portato in giro per la Svizzera e che ha toccato Lugano nell’ambito della rassegna “Le Chapiteau”, Rocchi fa notare che la Svizzera non è un posto “tranquillo” come si pensa, ma che di cose ne succedono eccome. Di fianco alle debolezze e alla mancanza di opportunità di alcuni politici, il cittadino comune resta dapprima attonito, un po’ si lamenta e alla fine, come nelle migliori “tradizioni” che accomunano ogni Paese, non gli resta che riderci su.

Rocchi, doppia nazionalità (una curiosa miscela di italianità e bernesità), può permettersi di prendere affettuosamente in giro gli svizzeri per il noto orgoglio patriottico (esasperato ai massimi livelli con una irresistibile parodia gestuale di Blocher), e gli italiani per la congenita passione per la velocità.
Ma a questo punto ci mette lo zampino l’Europa: cosa resterà delle nostre differenze culturali e delle nostre convinzioni? Probabilmente la volontà di ciascuno di migliorare la terra che anche Rocchi ama, la Svizzera… Nella sala gremita, applausi per la sua esuberanza sul palco mentre più tardi, di persona, Massimo mi rivela tutta la sua intelligenza e sensibilità…

Per te il teatro è stato un colpo di fulmine…
“Il teatro è stato per me un salvagente… Un incontro casuale e avvincente all’età di 17 anni grazie ad un compagno di scuola, che mi ha permesso di trovare la mia modalità di esprimermi. Quasi una conversione!”

Che strada hai seguito per affinare il tuo talento naturale?
“Ho studiato all’Accademia di Arte drammatica di Bologna. In seguito, Lettere e Filosofia con Teatro e Scienze delle comunicazioni sempre a Bologna, e infine, mi sono diplomato dopo 3 anni all’Etienne de Crucq Dimi Corporelle in Francia… Ma dopo tutti questi studi ho dovuto ricominciare in un certo senso, perché la scuola ti da la “grammatica” e le “rotaie”, ma non il “viaggio”…”

Il suo spettacolo si basa sul gioco della doppia identità. La sua vita è davvero migliorata grazie a questa peculiarità?
“Moltissimo! Un passaporto non è solo un fatto di comodo. Non ricevi una cittadinanza e poi “saluti”. Almeno nel mio caso… Anzi, per me è stato quasi un “terremoto”, perché già facendo vedere il passaporto alla frontiera, nel cerchio degli amici e persino per i genitori, ero diventato lo “svizzero” e quasi si è verificato un “allontanamento”… E poi, il teatro: nel mio spettacolo prima c’eravamo io e “loro” adesso “loro” sono diventato io. Se la Svizzera prima era un paesaggio, ora è una patria che mi ha dato una storia e che mi ha dato una responsabilità”.

E la Svizzera ti ha ben ricompensato con molti premi…
“Soprattutto mi ha dato il premio che per un attore è il più grande: mi ha dato il pubblico! I premi sono utili a riempire i muri di casa e i cassetti, ma il pubblico riempie il teatro. Un premio è un colpo di vento nella vela della barca ma non si può pensare di andare per mare e avere sempre il vento buono… Bisogna tenere la barca con la tempesta, contromano, con la bonaccia… e abituarsi a una superficie non stabile. La Svizzera mi ha dato la “Welt anschau” come si dice in tedesco, un “modo di vedere”, un humus e una terra da coltivare”

Chi non ha visto lo spettacolo, non rischia visto il tema, di aspettarsi dei luoghi comuni?… Se la retorica è un po’ la sua chiave di volta, come aggira questo problema che può presentarsi?
“Come dicevo prima, io sono entrambi: sostanzialmente, quando parlo di “loro” parlo di me e viceversa… In questo spettacolo mi piace essere un po’ “etnologico”, non passare per dei cliché, ma approfondire e parlare di comportamenti. Come chi studia i comportamenti degli animali e la società, così mi piace analizzare e giocare con le mentalità e le reazioni in una cultura – multiculturale, quella svizzera, che non è solo fatta di persone che si occupano del denaro proprio e altrui, ma è anche fatta di una quotidianità a volte dura, di persone impiegate che si preoccupano della propria vecchiaia… Di persone che amano questa terra e che cercano di costruire un’utopia sociale ogni giorno, alzandosi il lunedì, senza aspettare “lo zio Tom”! Questo è lo svizzero”.

I pregiudizi appartengono più al popolo di gente “semplice” o ai borghesi?
“Qualunque classe ne ha. Io ho raccontato la mia vita viaggiando sempre in seconda classe, dove trovo “il mio pubblico”. Non disdegno la prima ma prediligo gli abbonamenti di seconda perché lì si sente una quotidianità che è quella che voglio portare sul palcoscenico… Il pubblico è quello che mi da serenità, felicità, benessere ma non bisogna mai, così come un politico non deve mai “vendersi” al popolo… Perché amo il pubblico che noi tutti assieme formiamo, che è fatto di gente, popolo, folla, che sono varie modalità e qualità di stare assieme… Quindi come comico penso sia meglio essere mai un passo indietro e mai un passo avanti, ma camminare “di fianco”, per raccontare quanto si è sciocchi piuttosto di quanto siano scemi gli altri”

È stato difficile adattare ritmi e linguaggi per fare ridere diverse ragioni linguistiche?
“È stato complicato. Ogni lingua ha dei ritmi diversi e non vivendo in Ticino, ho dovuto informarmi sull’attualità ticinese e sulla politica sociale, cercando di raccontare la mia attualità di Svizzera tedesca. È un percorso nel quale bisogna accettare di rinunciare a delle cose che funzionano e buttarsi in un lago montano e gelarsi i piedi”.

Cosa fa essenzialmente un comico?
“Il problema è questo! Il comico non dovrebbe preparare delle barzellette, deve preparare “un modo di essere”. Il far ridere non è solo una barzelletta raccontata, è appunto un modo di essere e se non “è” non è che “fa”… Un clown entra nel circo e cerca di far ridere. Un animale entra nel circo… Un cammello. E la gente ride! Non è comico. Siamo noi che troviamo questo animale comico. Questo è il mio modo di lavorare”. 

Da www.ticinonews.ch del 28/07/08

28/07/2008 22.01.16

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