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Nei “numeri” magici il grande teatro del mondo

 

All’Hippodrome di New York c’è una gran folla. Il pubblico aspetta col fiato sospeso l’esibizione dell’australo-irlandese Con Colleano, nome d’arte di Cornelius Sullivan. Il funambolo esordisce in America. È già il primo al mondo a fare a meno dell’asta di bilanciamento e anche l’unico, al momento, che esegue sulla fune il salto mortale in avanti. Ma, quel pomeriggio del 1924, le luci della ribalta lo tradiranno. Sta per lanciarsi, nel secondo cruciale in cui non può vedere il filo, e il suo sesto senso, il senso dell’equilibrio, lo abbandona. Colleano arriva al suolo rotolando ciononostante balza in piedi. Si guarda il petto: è squarciato da una profonda ferita e il sangue gli inzuppa il vestito. Barcollando si dirige lo stesso verso la salita del filo, mentre la gente gli urla: «non farlo, sei ferito!». Ma lui prosegue. Deve tornare sul filo, deve farcela in America…

Torna in cima quando il direttore di scena, come un bravo allenatore sul ring, avrebbe già gettato la spugna e ordinato che sì, «cali il sipario e sia trascinato il derelitto dietro le quinte…». Colleano però sale lo stesso e gli urla dietro: «spegnete le luci della ribalta! Si alzi il sipario!». Allora un tecnico, pensando che l’ordine provenga dal direttore di scena, alza davvero il sipario. Si spengono pure i riflettori, mentre ancora la luce naturale consente la vista. Senza più quei maligni barbagli a ferirlo negli occhi, l’atleta ritrova l’equilibrio e si lancia nel salto mortale in avanti, atterrando sul filo dopo una perfetta rotazione da piede a piede. Seguono dieci minuti di applausi: l’eroe ha conquistato l’America…

L’episodio è uno fra i tanti raccontati da Alessandro Serena nel volume Storia del circo (Bruno Mondadori, pagg. 208, euro 19), il primo completo studio scientifico italiano sull’argomento. Un libro polifonico che riesce nella difficile impresa di coniugare la ragione col cuore, il rigore dello storico col pathos narrativo. Alessandro Serena è docente a Milano di Storia dello spettacolo circense e di strada, ma è soprattutto il nipote di Walter Nones e Moira Orfei. Circense, quindi, di sangue e di nascita, sebbene «fermo» per elezione. Può, quindi, ben raccontare di clown, freak, acrobati, giocolieri e domatori. Conosce inoltre – per farne parte egli stesso – le grandi dinastie circensi, vere aristocrazie che ancora si riproducono per partenogenesi. Insomma, è l’uomo giusto – avendo anche il dono di una scrittura elegante e affabulatoria – per descrivere il circo, i suoi eroi, la sua magia.

Nella redazione dell’opera correva un solo terribile rischio e ha saputo coraggiosamente evitarlo. La storia del circo avrebbe infatti potuto diventare un monumento al passato: l’agiografia che uccide imbalsamando l’oggetto stesso della sua celebrazione.

Così, Colleano sarebbe finito nel Pantheon degli eroi, assieme al Funambolo di Jean Genet e al sommo giocoliere degli anni Venti, Enrico Rastelli. Avrebbero certo loro fatto compagnia il mimo e clown svizzero Dimitri, pupillo di Marcel Marceau, e Rickets, la prima icona circense americana che, a cavallo del mitico Cornplanter (un destriero capace di saltare al di sopra di un suo simile), assume la caratteristica posizione del dio Mercurio. Ci sarebbero stati Darix Togni e le sue amate tigri e il giocoliere Cinquevalli. A questo ultimo aveva già reso omaggio Charlie Chaplin, nella sceneggiatura di Luci della ribalta: Chaplin (sangue gitano, una bisnonna zingara) interpreta il ruolo del vecchio clown Calvero, cui Cinquevalli confida di avere impiegato sette anni a perfezionare un numero e di aver ricevuto scarsi applausi perché, a causa dell’eccessiva naturalezza dell’esecuzione, al pubblico era apparso troppo facile…

E si potrebbe a lungo continuare, coi muti testimoni di un’età romantica che non ritorna. Serena, invece, costruisce sì una galleria di personaggi indimenticabili, evidenzia, giustamente, le radici antiche e nobili del circo, i suoi legami coi riti religiosi di ogni cultura, ma è anche capace di guardare al futuro, non risparmiando una seria analisi critica.

Ideatore, con altri, del Nouveau Cirque, la contemporanea evoluzione delle discipline circensi nella direzione più prossima al Teatro, sostiene la necessità del rinnovamento, sull’esempio del canadese Cirque du Soleil, che ha straordinario successo costruendo i suoi spettacoli su temi definiti e organizzandoli come eventi teatrali. Le Cirque du Soleil scardina vecchie idee e preconcetti, ma all’interno del cerchio magico: lo stesso che è tale da sempre, per via della vecchia forza centrifuga, eterna amica dei cavallerizzi equilibristi…

Serena critica i «contributi ministeriali a pioggia», che hanno snaturato il circo, uccidendo il piacere di essere «imprenditori della propria arte». «Che tornino gli artisti, i creatori e gli imprenditori – è il suo appello – a confrontarsi col pubblico, come facevano nei secoli scorsi gli italiani della Commedia dell’arte o i pionieri dell’arte circense».

Insomma, anche per rilanciare la magia dello spettacolo più bello del mondo, ci vuole una rivoluzione liberale…

Da www.ilgiornale.it del 11/04/08

11/04/2008 21.56.14

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