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PERSONAGGI RAVENNATI

Quando c’erano il fachiro e la donna cannone

I record : 171 ore sotto terra e 251 kg di perso

NEL 1910 nasce a Ravenna una bimba. Si chiama Domenica Zanzi e si vede subito che non è una bambina normale perché pesa la bellezza di otto chili. Domenica, che in casa avrebbero chiamato Menga, aveva un volto bellissimo e dolce che mal si accompagnava alla sua mole. La Menga, infatti, a quindici anni era già sul quintale e con un fisico di quella stazza decise di offrirsi alle curiosità del pubblico come “donna cannone”. Cambiò il nome in Liliana e cominciò a passare la vita sotto i tendoni dei circhi equestri. All’epoca, coi suoi 251 Kg, era considerata la donna più grassa del mondo. Aveva un torace di 2,39 metri e la circonferenza delle cosce superava il metro. Un vero gigante, tant’è che per spostarsi non faceva ricorso ai normali mezzi pubblici ma a un autocarro che si era fatto appositamente costruire. Lo scettro del primato, però, le fu tolto dalla milanese Teresa Polsini, che a poco più di vent’anni aveva raggiunto i 267 Kg. La nostra Menga fu in procinto di essere scritturata per girare un film, ma dopo un ritorno a casa si mise a letto e nel luglio del 1930 morì. Aveva solo vent’anni.

Un altro personaggio tutto speciale fu Achille Ricci, cugino del più illustre Corrado e segretario del famoso digiunatore forlivese Succi. Ricci, che era spirito allegro e dalla battuta sempre pronta, era solito dire: “Quando Succi digiuna, io mangio e quando Succi mangia, digiuniamo tutti e due!”. Terminate le sue peregrinazioni al seguito di Succi, che lo portarono perfino in Sudamerica, la madre di Corrado lo impiegò nel negozio delle fotografie di Luigi e lo tenne sempre a mangiare in casa. In negozio, però, non è che si desse molto da fare, ma costituiva un richiamo per tanta gente che affollava il negozio divertendosi alle sue facezie. Da Ravenna si trasferì a Lugo dove con un amico impiantò un negozio di biciclette e di macchine da cucire. Il negozio gli dette quel benessere e quella tranquillità che forse mai aveva assaporato in vita sua. Corrado scrisse che “prese in moglie una brava donna” e che ebbe un figlio, che fece studiare all’Università di Torino, dove si laureò in ingegneria e al quale aveva dato il nome dell’illustre cugino. Alla sua morte, avvenuta nel marzo del 1938, il Corriere Padano lo definì “una serena e rasserenatrice figura della vecchia Ravenna che va scomparendo”. E dal momento che si sta parlando di fenomeni da baraccone ricordiamo che proprio cinquant’anni fa, nell’agosto del 1957, il fachiro Remo Tenca, pronipote del patriota e scrittore Carlo, battè il record di seppellimento restando a digiuno sotto terra per 171 ore dentro a una fossa scavata nella spiaggia di Milano Marittima. Aveva con sé solamente otto bottiglie di albana! Quando fu riesumato festeggiò l’avvenimento record con un pranzo da fachiro a base di piombo, puntine da disegno e lamette da barba. Tutta roba indigesta che il Tenca però annaffiò bevendo una bottiglia di petrolio.

Tenca aveva un rivale in Giovanni Selvatici, detto il Fachiro Bianco, che nel 1958 aveva tentato di battere il record del seppellimento nel giardino di un ristorante di Cattolica. Alcuni malandrini, però, dopo qualche giorno calarono dentro alla fossa un bel pollo alla diavola e alla vista di quel ben di Dio il fachiro ruppe il digiuno. Tutto stizzito uscì dalla fossa, mollò qualche imprecazione e se ne andò al suo destino senza salutare nessuno.

Franco Gàbici

il resto del Carlino (cronaca di Ravenna)

31/10/2007 17.39.13

 

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