Elena Montecchi: La nuova disciplina sullo spettacolo dal vivo
di Valeria Ronzani
Ha il sapore dell’impresa varare una legge quadro che riformi la disciplina dello spettacolo dal vivo. Un’impresa di cui si sentiva l’esigenza da tempo, e che è divenuta imprescindibile alla luce della riforma, nel 2001, del Titolo V della Costituzione e della successiva giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenze n. 255 e 256 del 21 luglio 2004). Che affida nuovi poteri e funzioni a Regioni ed Enti locali. Se la tempistica sarà rispettata, la bozza di legge quadro sarà portata in Consiglio dei Ministri in questi giorni, per poter arrivare alla discussione parlamentare in settembre. Una bozza che fin dai primi articoli introduce novità rivoluzionarie, compresa una profonda riforma di quello che è stato il principale strumento di finanziamento statale per il settore dello spettacolo, il FUS (Fondo unico per lo spettacolo). Nata da una metodologia di lavoro inedita, oggetto di confronto con i soggetti interessati, dall’Agis alle organizzazioni dei lavoratori, alle Regioni, agli Enti locali. Ma che non manca di suscitare perplessità ed allarmismi. Nonostante il ministro per i beni culturali Francesco Rutelli l’abbia definita «del tutto perfettibile», invitando gli operatori coinvolti nel confronto «ad un atteggiamento al possibile costruttivo». «Un confronto, appunto, per correggere e per chiarire, anche se non è una concertazione sindacale», come ha voluto sottolineare Elena Montecchi, sottosegretario del Ministero per i beni e le attività culturali, colei che all'”impresa” si è votata con decisione.
Onorevole Montecchi, quali sono le novità di questo nuovo disegno di legge in materia di spettacolo dal vivo?
Innanzitutto è la prima volta nella storia italiana che si stabiliscono dei principi. E i principi sono fondamentali. All’art. 1, commi 1 e 2, definiamo lo spettacolo dal vivo come patrimonio artistico della Nazione e parte integrante degli indirizzi dettati dalle Convenzioni Unesco. In questo modo, ancorandolo ai principi, blindiamo il finanziamento pubblico. Se proviamo a riflettere su che tipo di legislazione c’è dal 1948, ci accorgiamo che c’è stata una legislazione sulle Fondazioni lirico sinfoniche, delle leggi sulla musica, mentre sul teatro di prosa abbiamo solo circolari e norme di finanziamento che si sono stratificate. Inoltre non possono accedere ad alcun finanziamento tutti quei linguaggi legati alla contemporaneità che si sono sviluppati nell’ultimo decennio. La proposta di riforma amplia la definizione di spettacolo dal vivo a teatro, musica, danza, circhi, spettacolo viaggiante, tradizione popolare, teatro urbano e artisti di strada. Oltre ai nuovi linguaggi multimediali e alle forme di contaminazione fra linguaggi diversi.
Suscita allarme l’abolizione del FUS.
Si tratta di un semplice tecnicismo. Comunque chiariamo meglio questo aspetto anche per fugare dubbi e perplessità. Siamo obbligati a tener conto della riforma del Titolo V della Costituzione. È quindi necessario un riordino delle competenze istituzionali. Il Fus viene abolito perché devono essere profondamente riformate le modalità di erogazione dei finanziamenti, dato che ci sono dei poteri nuovi. Ma non viene certo abolito il finanziamento pubblico. Che anzi già nell’anno in corso, pur con il vecchio strumento del Fus, è stato reintegrato a una cifra di più di 441 milioni di euro, a fronte dei 286 che prevedeva del precedente governo. E che sarà ulteriormente incrementato nel biennio successivo. Inoltre già in questa Finanziaria sono stati creati due fondi di 20 milioni di euro l’uno. Il primo per il cofinaziamento di progetti tra lo Stato, le Regioni e gli Enti Locali, l’altro per il sostegno e la promozione di grandi eventi, come ad esempio sarà il Festival Nazionale del Teatro.
Cosa resta di competenza dello Stato?
Allo Stato spetta la definizione dei principi generali, cui dovranno attenersi i provvedimenti normativi regionali. Le Regioni dovranno quindi costruire un quadro normativo regionale che rispetti rigorosamente principi e vincoli generali previsti dalla legge quadro. Sarà inoltre compito dello Stato promuovere eventi culturali anche di carattere internazionale e accordi di coproduzione con paesi esteri. In
In questo mutato quadro normativo come si collocano le Fondazioni lirico sinfoniche, così spesso nell’occhio del ciclone come destinatarie della quota maggioritaria del Fus?
Le Fondazioni lirico sinfoniche, istituite col decreto lgs. 362 nel 1996, sono soggetti di diritto privato, quindi sottoposte al codice civile. Non “restano allo Stato”, come mi è capitato di leggere, e non c’è nessuna valutazione di tipo gerarchico, in contrapposizione alle altre realtà musicali. L’articolo 10 della proposta di legge prevede la delega legislativa per ridefinire la disciplina delle Fondazioni, alla luce di questi 10 anni di esperienza.
A proposito di deleghe, l’art. 9 prevede la delega al Governo per il riordino e il riassetto della disciplina di finanziamento dello spettacolo dal vivo. Sarà la fase di transizione, quella più delicata, che dovrà portare dall’abolizione del Fus al nuovo sistema di erogazioni. L’Agis chiede una durata di 5 anni per questo regime transitorio.
L’esercizio di delega dello Stato è di 24 mesi. Le deleghe saranno comunque una ulteriore occasione di confronto con le categorie. Sino ad ora in nessun caso lo Stato ha esercitato deleghe per un arco temporale di cinque anni.
Da www.ilsole24ore.com del 29/06/07
01/07/2007 12.01.00
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