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Il circo siciliano si chiama “Roma”

 

La famiglia Bizzarro sforna clown e domatori da sei generazioni

 
 
 

Il terremoto di Messina e l´alluvione di Firenze non hanno interrotto l´avventura

Il primo tendone fu eretto dai fratelli Giuseppe e Pasquale nei primi anni del Novecento

La furia dell´Arno travolse ogni cosa, poi la rinascita grazie alla generosità della gente

Dopo il sisma sullo Stretto la pista fu trasformata in un ospedale da campo

 

di ACCURSIO SOLDANO


Elio Bizzarro ha 66 anni, nel circo ha fatto quasi tutti i numeri, dal trapezista al clown, e nel 1973 come giocoliere-equilibrista sul cavo d´acciaio, è stato premiato da Pino Correnti al concorso circense dedicato a Enrico Rastelli, il più grande giocoliere che si sia mai esibito sotto un tendone. Ancora oggi un mito per tutti i circensi che lo considerano insuperabile. La premiazione avvenne al Palazzetto dello sport di Bergamo.
Elio, titolare di quello che lui definisce l´unico grande circo siciliano, ha trasmesso la passione per l´arte circense alle due figlie. Annunska, nata a Barcellona Pozzo di Gotto e Elisabetta nata a Palermo, madre di un figlio di nove anni, piccolo acrobata e clown. Sono ormai sei generazioni che la famiglia Bizzarro vive nel circo un´avventura senza sosta, da paese a paese, da nazione a nazione, tutti uniti in un´unica famiglia e l´orgoglio, a dispetto del nome “Città di Roma” di essere siciliani. In effetti, quel nome è più che altro una onorificenza che la famiglia Bizzarro ricevette nel lontano 1966. E dopo un periodo buio seguito all´alluvione che in quell´anno colpì Firenze, coprendo di fango la città.
In quell´anno il circo guidato da Fioravante Bizzarro, originario di Caltanissetta, dove era nato nel 1910, e considerato uno dei migliori cavallerizzi del tempo, aveva fatto tappa nel capoluogo toscano. Era in corso lo spettacolo e la gente seduta sulle panche applaudiva e rideva di gusto alle battute di “Fiorino”. D´un tratto, acqua, fango, sirene della polizia e gente che scappava, l´Arno era straripato e tutta la città si stava riempendo di acqua e fango. Lo spettacolo fu interrotto e la gente cominciò a scappare il più velocemente possibile. Gli uomini del circo, clown, acrobati, domatori, si misero a smontare freneticamente il tendone e nella fuga cercarono di portare via tutto quello che si poteva salvare dalla furia del fiume. In quei momenti non si pensava ad altro che a salvare la propria casa, le roulotte, i cavalli, gli animali. Furono attimi di panico, ognuno cercava di portare in salvo tutto ciò che era a portata di mano. Poi tutti insieme partirono per Scandicci, dove rimasero accampati per quasi un mese.
Tornati a Firenze per recuperare il resto del circo, si trovarono di fronte ad una scena agghiacciante. La maggior parte delle attrezzature erano coperte di fango e inservibili. Il tendone era quasi totalmente distrutto e delle tribune rimaneva ben poco. Il circo di Fioravante Bizzarro era sull´orlo della rovina.
E i problemi non mancarono nemmeno durante la permanenza forzata a Scandicci. Ci voleva la carne per i dodici leoni, ma, com´è facile immaginare, a quel tempo la prefettura era interessata ad altro, ed era persino vietato utilizzare la carne delle tante mucche annegate che venivano trascinate a valle dalla piena del fiume. Così una notte i leoni ruppero la gabbia e scapparono dopo aver divorato alcuni dromedari e qualche cavallo.
Fioravante Bizzarro e sua moglie Anna Maria Carenza, originaria di Vieste, non si persero d´animo e decisero di affittare un treno per lasciare la Toscana e trasferirsi, con quel che era rimasto, a Roma. Alcuni giorni dopo, quel che rimaneva del glorioso Circo Bizzarro era fermo alla stazione Tiburtina. Fu grazie all´interessamento dell´allora direttore della Croce rossa italiana che la vita riprese.
«Era da quindici giorni che eravamo fermi e accampati a Tiburtina – ci dice Elio – e una domenica venne da noi un signore, chiedendo di poter visitare le gabbie degli animali. Voleva pagare il biglietto, ma mio padre rispose che in quella situazione, poteva anche fare la sua visita gratuitamente. Non so perché lo fece, cosa scattò nel cuore del visitatore, che poi scoprimmo chiamarsi Meraglia, ma un´ora dopo arrivò una marea di giornalisti a intervistare mio padre che nel frattempo s´era vestito da clown. Lui era un grande clown, era Fiorino».
Da quel giorno partì una vera e propria sottoscrizione popolare. La gente donava tutto ciò che poteva. Chi portava soldi, chi cibi, la ditta Canobbio ci ricostruì il tendone e d´accordo col sindaco di Roma si fissò la data del debutto. «Eravamo in viale Trastevere e la sera del debutto a vedere lo spettacolo oltre alla gente comune c´erano ministri, l´ambasciatrice d´America e il sindaco di Roma. Fu proprio quella sera che ritornammo a nuova vita – racconta ancora Elio – e in quella occasione il circo fu battezzato “Circo città di Roma”. Il circo Bizzarro aveva chiuso le sue rappresentazioni con l´alluvione di Firenze».
Il circo Città di Roma quindi nacque grazie alla gara di solidarietà che tutta Italia mise in atto, e fu proprio quel gesto, a spingere i Bizzarro a organizzare serate di beneficenza nelle quali l´incasso era devoluto all´Unicef. In queste occasioni nacque un sodalizio con l´indimenticabile Claudio Villa. Dal 1967 e per ben 24 anni, a tutte le “prime” che il circo presentava nelle grandi città, da Palermo a Catania, da Milano a Roma, il primo tempo era dedicato al circo, il secondo tempo, era un concerto del “reuccio” della canzone italiana.
Questa tradizione è continuata anche con la figlia del cantante romano. Con Manuela Villa, il circo Città di Roma ha organizzato spettacoli e serate di beneficenza sia per l´Unicef (a Catania) sia per raccogliere fondi per la costruzione di nuovi ospedali. Forse memori di quel disastroso terremoto che colpì Messina nel 1908. Perché a quel tempo il circo Bizzarro era già in attività e si trovava proprio nella città dello Stretto.
«Mio nonno Giuseppe e suo fratello Pasqualino, si trovavano a Messina. Quando il terremoto distrusse la città e non c´era una casa dove poter alloggiare, decisero di utilizzare il tendone per creare un ospedaletto da campo. E per tenere alto il morale dei malati, tutti i giorni, in un angolino, i nostri clown improvvisavano spettacoli “volanti”. Per quel gesto, nel 1961 il sindaco di Messina decorò mio padre con la medaglia d´oro».
Il circo Città di Roma ha fatto tappa in quasi tutte le Regioni d´Italia, ha viaggiato per l´Europa e per il continente africano, facendo tappa in Egitto, Algeria, Marocco, Senegal, e Tunisia, dove ogni anno, il 4 di agosto si esibiva a Monastir per il compleanno del presidente Habib Burghiba. In verità gli spettacoli erano due, nel primo potevano assistere solo le donne, mentre il secondo era riservato agli uomini. Di quel periodo si ricorda ancora il regalo che Fioravante Bizzarro fece al presidente: due leoni, un maschio e una femmina che da Palermo partirono per il paese nordafricano. Fu quello l´inizio per la creazione dello zoo di Tunisi. Ancora oggi le gabbie dei leoni dello zoo, sono quelle costruite da Bizzarro.
Oggi, il Città di Roma è uno dei più grandi circhi d´Europa con le sue tre piste e i numeri d´alta scuola. Il più innovativo è quello dei trapezisti che, mentre eseguono i salti mortali, cantano canzoni venezuelane. Un “numero”, diverso e molto allegro. E poi c´è Rina Bizzarro in arte Florans, forse la prima donna domatrice di Leoni. Tutti insieme, a girare per le città, a montare e smontare il tendone sapendo che, può accadere di tutto, ma si è sempre pronti a ricominciare d´accapo perché, come ci spiega Elio Bizzarro «la segatura delle pista del circo è un virus che entra nel sangue e non se ne va più. Magari a volte abbiamo problemi finanziari, ma riusciamo sempre con la forza di volontà a tornare a galla ed andare avanti. Non possiamo farci niente, è un virus che ci portiamo dentro».

 

da: “La Repubblica”, 25/03/2007

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