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«Senza animali per noi è un disastro»

 

Walter Nones, domatore e marito di Moira Orfei: lo Stato ci aiuti a sopravvivere

 
 
 
«Ho provato a fare spettacoli senza leoni e tigri, ma la gente non ha risposto ed è stato un fiasco clamoroso»
 

di BIANCA ZACCHEROTTI


 GROSSETO. «Sì, mi sono sentito molto offeso dalle accuse della Lav». Walter Nones, marito di Moira Orfei e direttore dell’omonimo circo, ha settanta anni e non li dimostra.
 È domatore da quanto aveva 18 anni, ha collezionato centinaia di punti di sutura, ma dice: «È sempre stata colpa mia». Ci porta a vedere la giovane elefantessa ammalata che la Lav, contraria ai circhi con animali, vuole avere in affido, ne racconta le lunghe cure, mostra l’enorme “girello” che consente al pachiderma di camminare e i megaplantari che ne correggono la postura, ma non vuole che venga fotografata «per rispetto». Su una cosa non ha dubbi: il circo senza animali non va avanti. Alla domanda se, in coscienza, ritenga che tutti i circhi trattino bene gli animali, risponde: «Non tutti, ecco perché bisogna aiutare il circo, dargli maggiori contributi, perché i primi a soffrire sono proprio gli animali». Ma è vero che il circo sopravvive soltanto in virtù delle sovvenzioni statali? «Chiacchiere noi prendiamo un contributo che non copre nemmeno dieci giorni di lavoro. La nostra forza è il nome di Moira che è una garanzia, un buon prodotto e prezzi contenuti». Ma non sarebbe più bello un circo senza animali? «Ci ho provato – dice -, ma è il pubblico che non lo ama. Ho portato in Italia uno degli spettacoli più belli, il Circo Nazionale di Pechino e, poi, il Circo sul Ghiaccio di Mosca. Fu un disastro». Una volta il circo Orfei aveva tanti animali esotici, adesso ne ha pochi (di elefanti ne ha due soltanto, più la piccola ammalata). «Sì è vero – dice Nones -, ho eliminato tanti animali ma non perché c’è la Lav, o altri enti protezionistici che ci disturbano, quanto perché non ci sono piazze idonee come a Grosseto, per rispettare le regole di legge».
 Nones svela il mistero delle origini della giovane elefantessa ammalata. Dice che l’acquistò nel giugno dello scorso anno in Germania da un piccolo circo che si trovava in difficoltà e che si accorse subito che Hadja aveva qualche problema alla zampa destra. Racconta che si accertò che gli facevano fare esercizi molto leggeri (la specialità di Hadja è suonare l’armonica, poi giocarellava col pallone e faceva il cerchio). Nones conferma quanto già detto dal dottor Maurizio Chiesa: «Mi chiese cosa intendessi fargli fare risposi che avrebbe fatto quello che faceva sempre».
 Ma cosa se ne fa un circo di un elefantina inabile? «Vuole la verità?» Sbotta Nones. Certo. «Era probabile che venisse abbattuta, mi dispiaceva vedere un animale così dolce e simpatico morire. Sono 52 anni che lavoro con gli animali, ne riconosco il carattere da come mi guarda e, inoltre, sapevo bene che era molto difficile che trovassero una persona o un ente che se ne prendesse cura. E allora ho detto: ok lo prendiamo noi. Il dottor Chiesa mi ha detto “se non fa lavori pesanti forse lo possiamo ripettere a posto”». Poi cos’è accaduto? «È andata bene per 4-5 mesi, poi, a causa degli appiombi scorretti, o perché era arrivato il suo momento, si procurava camminando piccole lesioni, seppure facesse un giro sulla pista in gomma, prendesse la sua armonichina e la suonasse. Abbiamo iniziato a curarla, ma le ulcere si sono allargate sempre di più. Da allora non è più andata in pista abbiamo costruito la gabbia perché c’era il problema di curargli le zampe (Nones continua a chiamarli piedi – ndr). Per circa un mese le ha sollevate, poi si è rifiutata». Perché sentiva male? «Niente affatto, è che gli dava fastidio. L’elefante quando prova dolore grida. La verità è che l’elefante è un animale molto intelligente, fa quello che gli va di fare. Il dottore, inoltre, diceva che era opportuno non gravare troppo sul piede per accelerare la guarigione, così abbiamo creato un box con delle cinghie sottopancia molto lasche su cui potesse appoggiarsi, più una di sicurezza che, una volta che l’animale si è adattato all’attrezzo, è stata subito tolta abbiamo creato, poi, una sorta di enorme girello, con le ruote e lo sterzo davanti e un arganetto che mette Hadja in piedi per non fargli fare fatica».
 Nones dice di aver chiesto al dottor Chiesa studi specifici e di essere rimasto stupito di come ricresce la pelle sotto il piede, anche se l’impegno economico è serio. Non per niente c’è sempre una persona vicina all’elefantessa e ogni 10 giorni arriva il dottor Chiesa. Ma, a questo punto, lo scopo di Nones qual è? «È da dicembre che stiamo cercando un luogo idoneo. Un mese fa abbiamo localizzato un piccolo zoosafari vicino a Latina i miei tecnici sono a lavoro laggiù. Daremo al gestore tutta l’attrezzatura, due uomini, pagheremo le spese sono certo che in un paio di mesi Hadja si rimetterà».

da: “Il Tirreno”, 18/03/2007

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