se al circo viene charles de foucauld
Le nostre comunità avrebbero molto da imparare dal senso di festa che fieranti, circensi e giostrai vivono pienamente. «E dal senso di speranza, di affidamento alla provvidenza, che custodiscono. Non dobbiamo pensare solo ai grandi “circhi industriali”, ma anche – e soprattutto – alle piccole famiglie circensi che ogni giorno si dicono: se oggi non guadagniamo abbastanza, da qui non ci spostiamo», racconta don Luciano Cantini, che è da pochi mesi responsabile del settore di Migrantes dedicato a questi lavoratori itineranti e alle loro famiglie. Se ne occupa da 27 anni a Livorno. «Prima era più facile, perché c’erano parrocchie che organizzavano Messe con tanti bambini, nelle quali coinvolgere questo mondo. Io ho cominciato in questo modo». Oggi invece non è più così. «Non solo. Loro hanno un senso globale dell’organizzare la festa per gli altri: dallo spettacolo al cuscino, danno tutto loro». Ma a loro chi ci pensa, visto che lavorano quando gli altri riposano? «Quando festeggiano, organizzano spettacoli interni, tra loro, in cui si prendono in giro a vicenda. È una cosa che dovremmo imparare». Come comunità ecclesiale, conclude don Cantini, occorrerebbero persone con lo “stile” e il cuore di Charles de Foucauld, «che imparino a vivere con loro e a conoscerli, per capire quello che ci possono dare».
da: “Avvenire”, 14/02/2007
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