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«Alegrìa», in scena da giovedì 23

Cirque du Soleil, se la magia cambia il mondo

Un’esperienza sensoriale, una tensione verso la perfezione umana, un esercizio estetico che ha rivoluzionato l’idea di circo

 

Voli che incantano gli occhi, melodie che seducono le orecchie, costumi che attraggono il tatto, acrobazie che hanno il sapore del rischio. Ovunque, il profumo della magia. L’idea di spettacolo del Cirque du Soleil è un’esperienza sensoriale, una tensione spasmodica verso la perfezione umana, un esercizio estetico che ha rivoluzionato l’idea stessa del circo (non a caso, lo show dell’87 si intitolava «We Reinvent the Circus»). Nella grande macchina teatrale fondata e diretta, con fermo polso manageriale, da Guy Laliberté, la fantasia è al potere: lo sanno i moltissimi milanesi che nel 2004 si sono messi in coda per sei settimane per vedere «Saltimbanco», il primo spettacolo del Cirque arrivato in Italia. Da questo giovedì, 23 febbraio, proprio Milano torna a essere la città del circo più famoso del mondo: ad Assago, il fiabesco ed enorme multitendone del Big Top, montato in otto giorni di lavoro frenetico, sta per srotolare il tappeto rosso che accoglierà duemilatrecento spettatori a recita in una platea circolare.

Stavolta il Cirque presenta lo spettacolo con cui nel 1994 festeggiò il suo decimo anniversario: «Alegría», firmato dallo stesso team creativo di «Saltimbanco», guidato dal regista italo-belga Franco Dragone e dal direttore creativo Gilles Ste-Croix. Lo show arriva preceduto dal consueto corredo di cifre kolossal: un dato per tutti, gli otto milioni di spettatori che l’hanno applaudito nel mondo. Sarà replicato fino al 26 marzo e poi si sposterà a Roma. In «Alegría» la trama è un canovaccio che serve come traccia per legare i quadri, che sono uno più mirabolante dell’altro. Il «trapezio sincronizzato», i «coltelli di fuoco», la «giocoleria», le «pertiche», l’«Uomo Volante», le «contorsioniste», le «sbarre aeree» e i due numeri più emblematici di «Alegría», ovvero il «fast track» e la «barra russa». Il primo è una velocissima sfida di sincronismo per un gruppo di acrobati che rappresentano la generazione del futuro: il loro campo d’azione appare quasi per magia dal palcoscenico che si schiude rivelando un complesso sistema di trampolini sovrapposti.

La barra russa, invece, è un lavoro di squadra per il gruppo degli Angeli Bianchi, i guardiani di «Alegría». Vestiti di bianco e oro, si lanciano in aria da pali elastici retti da possenti porteur. Alcuni personaggi virano verso il barocco con sfumature grottesche, dal gobbo Fleur, in livrea rossa da cocchiere e il panciotto ornato di pietre preziose, ai Vecchi Uccelli Nostalgici, barbagianni dai volti liquefatti che si pavoneggiano come giovanotti: sono storti e deformi e rappresentano l’aristocrazia. La storia di «Alegría», ideata da Dragone come un carnevale e un omaggio alle famiglie circensi che attraversavano l’Europa, è proprio la lotta tra forze contrapposte, i giovani rivoluzionari che vogliono sovvertire il potere, i vecchi sclerotizzati fino al ridicolo che cercano di conservarlo.

Intorno a loro ruotano figure-chiave come Tamir, essere gioviale e fatato, munito di bombetta, o come i Clown, filosofi dell’assurdo, che sono i testimoni del passare del tempo e raccontano candidamente storie di tutti i giorni. Le Ninfe sono creature aeree che incarnano la sensualità allo zenit e una vitalità contagiosa. La femminilità è rappresentata anche da due cantanti, una bianca e una nera, che interpretano le canzoni sulle musiche di Réné Dupéré (una fusione di jazz, pop, tango e musica klezmer eseguiti dal vivo), e i testi che mescolano in un gramelot più lingue tra cui naturalmente l’italiano. La colonna sonora è stata due volte disco di platino in Canada, mentre la canzone che dà il titolo allo spettacolo ha ricevuto una nomination nel ’96 ai Grammy Award.

Valeria Crippa

 

Da Vivimilano del 20-02-06

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