Cirque du soleil quanta «Alegría» in quei corpi artistici
di Elena Porcelli
Creano tableaux vivants, si piegano come fossero di plastilina, usano il fuoco come un nastro decorativo. Sono i 53 acrobati dello spettacolo in arrivo in Italia. Comico e filosofico.
Scintillanti, volanti e gioiosi, gli artisti del Cirque du soleil sembrano non conoscere la pesantezza della carne e la rigidità delle ossa: saltano come se fossero fatti d’aria, si piegano come dépliant, cambiano forma al proprio corpo come se fosse d’acqua e giocano con le torce accese senza bruciarsi come se di fuoco, e non di pelle, fossero ricoperti. Alegría, uno dei loro spettacoli più famosi, rappresentato per 12 anni in tutti i continenti, arriva in Italia.
Sarà a Milano dal 23 febbraio e a Roma dal 27 aprile. «Alegría colora il mondo di una luce diversa, nuova: da noi tutti i sogni sono permessi» promette il visionario artista di Montreal Guy Laliberté, che ha fondato il Cirque nel partire da una piccola compagnia di saltimbanchi di strada. Di certo Alegría è un episodio onirico, che in concreto si presenta come una serie d’eccezionali virtuosismi d’acrobazia. Ma sull’interpretazione del sogno persino i suoi creatori si dividono.
Secondo Franco Dragone, regista dello spettacolo, «Alegría si rifà ai piccoli circhi familiari che giravano per l’Europa fino a pochi decenni fa». L’annuncio ufficiale, invece, dice che i temi trattati sono l’evoluzione delle monarchie in democrazie e il trionfo della giovinezza sulla vecchiaia. Liberi dalla necessità di seguire una storia, gli artisti possono esprimere al meglio il proprio talento, i trapezisti sincronizzati ondeggiano a tempo di musica, una giovane acrobata cinese cammina su una corda lenta e ondeggiante come se la legge di gravità non la riguardasse, i clown e le ninfe giocano sul palcoscenico.
«L’importante» spiega a Panorama Luc Ouellette, coordinatore artistico di Alegría, «è che la forza, l’abilità e il fascino di ciascuno siano sempre al servizio della bellezza dell’insieme, perché il Cirque non crea singole star, ma uno spettacolo simile a un cielo pieno di stelle che lo spettatore può contemplare come preferisce». Per questo lo show mantiene inalterato spirito e stile anche se su 53 solo due artisti del cast attuale ci lavorano fin dall’inizio.
Guardando Alegría si può immaginare qualunque storia. Purché sia una favola bella e non una tragedia, perché i giovani biancovestiti dal pettorale dorato e il naso rosso, che si sorreggono a vicenda e si lanciano in capriole a da terra per il numero delle «Sbarre aeree», possono essere angeli ma non demoni, forze del cambiamento o della tradizione ma di certo non servi del male.
Come non paiono diavoli, ma piuttosto sacerdoti della luce, i ballerini hawaiani che disegnano nell’aria spirali roventi nella «Danza dei coltelli di fuoco», un rito tribale che il Cirque ha accolto e trasformato in spettacolo. «I nostri 53 artisti vengono da 14 paesi diversi» continua Ouellette «perché li andiamo a cercare in ogni luogo del mondo dove esistono particolari tradizioni acrobatiche o circensi».
Per esempio sono nate in Mongolia, terra di grandi contorsionisti, tre ragazzine esili come uccellini e capaci di assumere posizioni inimmaginabili. Al mattino frequentano la scuola itinerante che si muove con lo spettacolo insieme alla più piccola degli artisti (che ha solo 10 anni) e ai figli dei loro colleghi. Con i lavoratori del Cirque, infatti, viaggiano i familiari, tre insegnanti, due fisioterapisti e cinque cuochi.
«La maggioranza di noi» racconta il coordinatore artistico, che è stato prima campione di pattini a rotelle e poi ballerino, «viene dall’atletica o dalle grandi scuole di circo del mondo. Il mio compito è insegnare ai nuovi arrivati a utilizzare la forza e l’agilità che già possiedono per creare bellezza. Ma nel cast ci sono anche clown e musicisti».
La colonna sonora è un altro punto di forza dello show. L’ha composta René Dupéré ed è il maggior successo sonoro del Cirque: il cd di Alegría ha venduto oltre mezzo milione di copie in 10 anni. La musica viene sempre eseguita dal vivo. Particolarmente d’effetto sono i costumi delle due cantanti, uno bianco e uno nero, composti da metri di crinoline e tempestati d’oltre 500 brillantini ciascuno, che le trasformano in bambole settecentesche dalla voce accorata e vibrante.
Un sogno come Alegría, infatti, non prevede limiti, neppure di spesa: per i vestiti di scena sono stati lavorati a maglia oltre 500 gomitoli di filato e 10 chili di lustrini. Tutto per far sentire lo spettatore come un bambino che va al circo per la prima volta e dopo ogni scena si chiede quale creatura fantastica stia per spuntare dal tendone.
Da Panorama.it del 13/02/06
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