
CHAPLIN-THIERRÉ AL DIANA
Il circo invisibile porta la poesia in palcoscenico
Franco de Ciuceis Quanti sono i personaggi di un circo? Acrobati, giocolieri, prestigiatori, musici, clown, mimi e maschere, docili e imprevedibili animali… Tanti, con i loro fantasiosi trastulli. Eppure, a farli rivivere tutti insieme, appena nello spazio circoscritto di un palcoscenico che sembra però aprirsi a infiniti orizzonti, ci sono soltanto loro due: Victoria Chaplin e Jean Baptiste Thierrée, autori, creatori, interpreti, splendidi inventori del loro «Cirque invisible» che da tempo essi portano in giro per il mondo e che, in questo peregrinare, è nuovamente approdato a Napoli, al Diana, per la gioia di spettatori di ogni età. Un circo immaginario, senza la pista di sabbia e l’alto chapiteau, un circo di evocazione e di poesia che tuttavia comprende tutti gli elementi e gli incanti del «gran spettacolo» della tradizione. Victoria Chaplin, figlia d’arte dal nome prestigioso, tiene molto a essere se stessa e, in verità, buon sangue non mente: porta nel teatro non solo una vocazione innata, ma passione, intelligenza, soave freschezza e gusto del meraviglioso. Del pari il suo compagno, Jean Baptiste Thierrée (già allievo di Planchon e Vilar), gioca il proprio ruolo con capacità istrionica fatta di sottile ironia, di raffinato umorismo, di ingenuo divertito candore. Incomincia proprio Thierrée, che alterna con arguzia i suoi numeri, mutando ricciolute parrucche e estrosi abiti colorati, con un suo corredo di valigie istoriate di paesaggi agresti e marini, da cui trae trucchi e magie: uno stormo di pesci innamorati, aeree bolle di sapone fatte tintinnare come campanellini e recuperate in uno scrigno d’argento, spiritosi oggetti comuni e scatole ricche di sorprese, provocazioni al pubblico come maldestro prestigiatore che lascia intravedere i suoi segreti e perfetti illusionismi di uomini a due teste e fantocci animati. Ma soprattutto Victoria Chaplin, con un gioco straordinario di ventagli e ombrelli d’ogni tinta e dimensione, dà vita a stupefacenti metamorfosi: assume forme fantastiche, si veste di piumaggi policromi, di tessuti preziosi, crea con il suo corpo farfalle e conchiglie, rotolanti sfere e navicelle eteree, animali misteriosi fatti emergere dalla notte dei tempi. Diventa donna-orchestra che cava armonie da un concerto di cristalli o si libra leggera come una silfide in bilico su un filo teso. Unici compagni di scena, al finale, tenere famigliole di conigli bianchi, candide colombe, papere sussiegose che cantano al suono delle loro armoniche. Un affascinante «petit cirque» per chi voglia ritrovare il gusto del sogno e della favola.
Jean Baptiste Thierrée e Victoria Chaplin
Da Il Mattino di Napoli del 04-02-06
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